Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. Il bambino che c’è nello sportivo

Il bambino che c’è nello sportivo

by senzaudio

Date un pallone a un bambino. Vedrete la felicità. Lo prenderà a calci, lo vedrà rotolare. E un sorriso si dipingerà sul suo volto. Un’espressione contagiosa, un raggio di sole in grado di illuminare qualsiasi giornata. Il pallone è questo. Gioia. Quando cresci, diventa altro. Diventa lo strumento per manifestare il proprio ego, diventa l’oggetto di fanatismo, diventa l’ossessione. Si trasforma in lavoro. Il calcio è lo sport più amato nel mondo, perché quello più naturale, istintivo.

In Brasile il futebol era qualcosa di fanciullesco. Quando ero piccolo, tifavo per i verdeoro: il calore sugli spalti, i colpi di classe dei giocatori, la facilità con la quale dribblavano quasi irridendo gli avversari. Erano contenti i giocatori. Trasmettevano emozione. Loro si divertivano, il pubblico si divertiva. Quel Brasile lì è morto. Negli ultimi Mondiali, la gioia si è trasformata in paura. L’inno cantato a squarciagola l’armatura per allontanare i fantasmi, un incantesimo per diventare più forti. La fragilità era lì, a portata di mano. E infatti il Brasile si è rotto.

La bicicletta è un altro mezzo che si sogna da bambini. Vorresti pure guidare una moto o un’auto, ma sei troppo piccolo e ti devi accontentare delle macchinine. E allora c’è la bici per sentirsi come i grandi. Cadi, ti sbucci le ginocchia, ma poi impari e vai da solo, quasi una metafora della vita. Inizi a viaggiare senza papà o mamma. Per diventare ciclista devi amare la bici. Hai bisogno di una passione forte, quella che brucia l’anima, per sopportare fatiche indicibili. Tre settimane di Tour de France non sono solamente un viaggio in una Nazione, sono un’Odissea dentro se stessi. Lo sta vincendo Vincenzo Nibali il Tour. Un italiano non trionfava a Parigi dal 1998, fu Marco Pantani ad arrivare in giallo. Romagnolo lui, siciliano il nostro attuale ciclista di punta. Il Pirata trasmetteva emozioni pure, Nibali sta appassionando. Anche loro hanno provato e provano gioia nello scattare sui pedali, chi assisteva e assiste alle loro imprese sorride. Essere atleti significa fare tanti sacrifici, ma non bisogna mai dimenticarsi il perché si compiono tante rinunce. Non per i soldi, ma per passione. Se diventa un lavoro, la gioia sparirà. E vincerà chi è più forte, chi si diverte maggiormente.

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