Non è corpo, ma carne. Non riesco a togliermi dalla mente questa impressione.
A, la nostra narratrice, B l’inquilina e C il fidanzato di A. Questo è il triangolo principale. Qui si sviluppa “Il corpo che vuoi” di Alexandra Kleeman. Ovviamente ci sono anche personaggi secondari, tra tutti una famiglia composta da padre, madre e figlia che esce di casa ricoperta da lenzuola, come se fossero fantasmi in pieno giorno.
Carne. Ecco quello che mi rode la testa come un tarlo. C’è una persistente aria di cannibalismo all’interno di questo libro, ma la carne mi arriva come se fosse corrotta, come se fosse marcia e di peso. La carne che ci rende tutti uguali, il cannibalismo subito da Kandy Kat. A proposito, le pubblicità delle Kandy Kake descritte da Alexandra Kleeman sono agghiaccianti. Sono inquietanti al punto da mettere i brividi, sono la nuova frontiera della pubblicità.
La carne è dunque un peso da superare. Il nostro corpo ci limita in quanto primo elemento visivo percepito dagli altri, ci limita in quanto incastonato all’interno di un tessuto sociale malato. A non è il suo corpo. B vuole diventare A attraverso le modifiche al proprio corpo. E’ possibile che assomigliare ad un’altra persona ci faccia diventare quella persona? Dove diavolo sta l’anima, l’identità?
Ecco, “Il corpo che vuoi” per quel che mi riguarda è un libro che affronta il problema dell’identità. Lo affronta esasperando il concetto di spinta omologante. I trucchi per signora agiscono dall’interno e trasformano. I programmi TV impongono separazioni tra fidanzati perché questi non hanno riconosciuto il proprio corpo.
In uno dei tanti meravigliosi dialoghi, un personaggio dice all’altro: io dovrei riuscire a riconoscerti nonostante il corpo. Ad un certo punto si parla di padri che scompaiono, una sindrome non del tutto chiara. I padri se ne vanno e non ricordano più ciò che erano o quello che hanno fatto. Anche questa è una sorta di ribellione all’omologazione. Il padre è un ruolo che deve essere sentito e non subito.
Poi c’è B, un personaggio spettrale, incapace di gestire sé stessa decide che per essere felice deve diventare un’altra. Quello che fa non è agire sulla propria personalità, ma sul proprio corpo. Compie una transizione premeditata da B ad A. Ancora una volta è la carne che definisce il personaggio.
La scrittura della Kleeman è davvero ottima, servono poche righe per comprendere che ci stiamo trovando di fronte ad una scrittrice che possiede un proprio codice, una propria lingua. Il risultato è quello di un libro sul filo delle tensione emotiva, un libro carico di significati che si apre a mille interpretazioni o che forse ci costringe a interpretare in mille modi diversi il nostro rapporto con il corpo.
La domanda finale è (parafrasando le parole di C: Perché uno internamente non può comportarsi come vuole se esternamente è come dovrebbe) essere?
Black Coffee era una collana all’interno della casa editrice Clichy e ora è diventata una casa editrice autonoma. Le due menti dietro a questo marchio editoriale sono quelle di Sara Reggiani e Leonardo Taiuti, che, per inciso, fanno anche le traduzioni dei libri che pubblicano. La traduzione di “Il corpo che vuoi” l’ha curata Sara e devo dire che è davvero splendida.
I due ragazzi hanno fiuto per la letteratura. Con questo libro non fanno altro che portare avanti il discorso che avevano iniziato un paio d’anni fa e lo portano avanti con una personalità che molti editori dovrebbero invidiargli.
Scelgono titoli che scappano dal banale e ti lasciano addosso un senso di gelo che non riesci a scrollarti via.