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Chi vuole fare lo scout?

by senzaudio

Durante la mia estenuante quattro giorni al Salone del Libro, ho assistito a diversi incontri dell’Autore Invisibile, tra cui uno tenuto da Tiziana Bello (alias l’ufficio diritti di Minimum Fax) dal titolo “Il traduttore scout e i diritti di traduzione”.

Tiziana, oltre a fornirci utili indicazioni su come presentare una buona proposta editoriale (tema di cui vi ho già parlato in questo articolo), ha spiegato a grandi linee il meccanismo della compravendita dei diritti di traduzione e come scoprire non solo se questi sono liberi, ma anche chi li detiene. Questa è la parte che mi è sempre sembrata più ostica: trovare l’indirizzo email del responsabile diritti della casa editrice estera non è sempre una passeggiata perché non tutti gli editori hanno un sito completo e intuitivo. E il gioco si complica quando entrano in ballo agenti e subagenti, figure misteriose con cui noi traduttori entriamo in contatto solo di rado.

Oltre alle complicazioni pratiche, c’è la solita, annosa, questione di fondo: ha senso fare proposte di traduzione?

Spesso quando lo consiglio a qualche aspirante traduttore, questi mi obietta che è inutile inviare proposte agli editori, tanto le ricevono già dagli agenti.

Io credo ci siano almeno due validi motivi per continuare a battere questa strada:

  • Gli editori non ricevono segnalazioni da tutte le agenzie letterarie e non sono a conoscenza tutti i titoli pubblicati. Quindi secondo me è bene tentare, soprattutto se si tratta di un autore esordiente o di un libro uscito qualche anno prima. Senza contare che il lettore di turno potrebbe aver presentato una scheda poco interessante, o aver dato un giudizio negativo troppo affrettato (la scelta dell’aggettivo “affrettato” non è casuale: spesso ai lettori non viene dato il tempo di valutare il testo con la dovuta calma).
  • Il nostro principale obiettivo non è tanto far acquistare quel titolo all’editore, questo è l’interesse dell’agente letterario e della casa editrice estera, ma proporci come traduttori… o ricordare all’editore la nostra esistenza. Mi è capitato più di una volta di essere contattata per una prova di traduzione da editori che per diverse ragioni non avevano accettato la mia proposta, ma avevano apprezzato il mio saggio di traduzione e mi avevano inserito tra i potenziali collaboratori.

Altra obiezione che sento spesso è che le case editrici estere non rispondono alle richieste di informazioni. Gli agenti, poi, sono introvabili.

Lo so, è meno difficile trovare un bel titolo da proporre che scoprire chi ne detiene i diritti. Ma ricordiamoci che la casa editrice estera e l’agente o il subagente hanno tutto l’interesse a piazzare il titolo, quindi se ci poniamo nel modo corretto, le risposte arrivano. Tutto sta nello scrivere all’indirizzo giusto: è questo il vero scouting! Per cominciare, date un’occhiata qui.

Inoltre, a volte tendiamo a vedere l’agente come un avversario anziché un alleato e, purtroppo, la tendenza è reciproca. Nel caso degli agenti italiani che lavorano anche come traduttori, questo atteggiamento trova una sua – seppur debole – giustificazione. Negli altri casi, cerchiamo di far capire che non vogliamo togliere il lavoro a nessuno e che sarebbe più proficuo unire le nostre forze per portare quell’autore in Italia.

Infine, l’obiezione delle obiezioni: fare scouting richiede tempo, concentrazione e a volte anche soldi (vedi gli agenti di cui sopra che si rifiutano di inviarci il pdf). Chi me lo fa fare? Mi chiedono già tante cose per pagarmi una miseria!

A essere sincera, nei momenti di sconforto me lo chiedo anch’io. Però credo che continui a essere un ottimo modo per farsi conoscere da nuovi editori e per mantenersi in contatto con quelli che si conoscono già.

Analizzata secondo criteri di un esperto di marketing, la proposta di traduzione non è un’attività molto diversa dal tenere un blog per i propri clienti, inviare newsletter o le cosiddette cold mail. Io non mando più di 2-3 proposte l’anno e lo faccio nei periodi in cui ho meno lavoro: sempre meglio che stare a lamentarsi su Facebook, no? 😉

Ma analizzata secondo i criteri del traduttore editoriale, è l’ennesima incombenza non pagata che ci si sobbarca per la causa. Io credo che la soluzione non stia nel rifiutarsi di inviare proposte di traduzione, atteggiamento autolesionista, ma nel cercare di ottenere un riconoscimento per il “servizio aggiuntivo” che abbiamo svolto. Come? In un mondo ideale, secondo me al traduttore che ha proposto il libro, andrebbe riconosciuta una percentuale sulle royalty. Nel mondo reale vale la pena tentare questa strada, cercare di ottenere un compenso a cartella leggermente più alto, oppure… Anche noi accettiamo proposte dai traduttori!

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