Quando ho preso in mano “Acqua di mare” di Charles Simmons l’ho fatto con la speranza che mi trascinasse via da un periodo di letture spezzate e di letteratura di poco valore. L’alternativa era che l’acqua di mare mi affogasse, sarebbe andata comunque bene. In un modo o nell’altro.
Se scrivo queste righe significa che “Acqua di mare” ha avuto un ottimo impatto sulla mia voglia di leggere e, di conseguenza, anche sulla mia voglia di raccontare le mie letture. Spesso la cose non vanno di pari passo, ma questa volta sì. Leggere il libro di Simmons è stato sorprendentemente facile, quella facilità di lettura che sono i grandi libri, i libri con un cuore enorme, ti possono dare.
Michel trascorre l’estate al mare, i suoi genitori hanno una casa a Bone point e lui ci torna ogni anno. L’estate del ’63 è un’estate fondamentale per la sua vita. Lo scopriamo alla prima riga. Nell’estate del 1963 mi innamorai e mio padre annegò”. Nessuno spoiler, il libro inizia così. Prima riga. Boom. E noi poi a chiederci se quanto appena letto corrisponde alla pura verità, se quell’annegamento non sia solo la metafora di qualcos’altro di più profondo, se questa fine annunciata, alla fine, ci sarà davvero. Quel che succede però è altro, mentre leggiamo le bellissime pagine di Charles Simmons, lentamente ci scordiamo dell’incipit e ci facciamo bagnare dall’acqua.
Ecco dunque entrare in scena due personaggi meravigliosi, complessi, sofferenti, sempre sul punto di abbracciare la vita o di farsi travolgere da essa: la signora Merz e la figlia Zina. La prima una donna affascinante, pragmatica, priva di moralismo, la seconda ventunenne, oggetto d’amore di un Michael quindicenne, fotografa che cerca di scovare la bellezza nelle piccole e semplici cose, vulnerabile alle passioni, meglio se proibite.
Cosa ha a che fare il padre di Michael in tutto questo? Che ruolo può avere la madre, Melissa, semplice osservatrice o parte integrante della tragedia annunciata nell’incipit?
Il libro di Charles Simmons è un’opera davvero notevole, resa in italiano da una splendida traduzione di Tommaso Pincio che, probabilmente, oltre ad essere un grande scrittore, un ottimo pittore e un superbo traduttore sarà capace pure di fare un’ottima carbonara. “Acqua di mare” racconta la storia un’estate di turbamento, racconta la crescita emotiva di un ragazzino che si scontra con la dura realtà degli affetti, quel terreno in cui le cose sembrano complesse, ma le batoste arrivano con snervante semplicità. Un libro che sembra destinato all’unico epilogo possibile perché gli essere umani, in una situazione del genere, non possono che agire in quel determinato modo, soprattutto nell’estate in cui un ragazzino scopre di essere qualcosa di più di un appendice dei genitori. Scopre l’uso della volontà, della forza, del desiderio come affermazione di se stesso.
Tutto questo è reso magistralmente da Charles Simmons in “Acqua di mare”, un libro che vi consiglio di leggere sotto, sopra o di lato all’ombrellone.
Charles Simmons (1924-2017) è stato un romanziere americano. Dopo l’esordio con Powdered Eggs (1964, vincitore del William Faulkner Foundation Award per l’opera prima), ha pubblicato altri quattro libri, alternando l’attività di scrittore con quella di editor per la New York Times Book Review. Oltre ad Acqua di mare, in italiano è apparso anche il romanzo Le pieghe dei giorni (BUR 2008).