Paratesto:
Quando ti aspetti un libro e ne arriva un altro qualcuno lo potrebbe definire errore, io lo chiamo destino. Ed infatti è il destino che mi ha messo in mano questo libro morbido ed invitante, di poco più di 200 pagine, dalla copertina che ti impegna intellettualmente perché assomiglia ad una zanzara spiaccicata su un parabrezze e poi, quando vedi che l’opera si chiama “Catopleba Zanzara” capisci che potrebbe anche essere una zanzara spiaccicata sul parabrezza. Poi, apri il libro, ti metti comodamente ad aspettare una vecchia storia degli anni 30 del novecento…
Testo:
…che però di vecchio non ha nulla, solo l’anno di pubblicazione, 1935. Per il resto, la scrittura di Tom Kromer è straordinariamente moderna e “Un pasto caldo e un buco per la notte” vi soprenderà in mille modi diversi.
Iniziamo a snocciolare alcuni di questi mille modi (non tutti per carità, o scriverei una recensione più lunga del romanzo).
Prima di tutto il romanzo è autobiografico. Kromer, durante gli anni della grande crisi economica americana ha dovuto lasciare la scuola e per cinque anni ha vissuto per le strade, elemosinando un pasto e un buco per dormire, attraversando gli stati uniti rubando passaggi sui treni merci e cercando con tutte le sue forse di rimanare aggrappato alla vita. Questo romanzo è quindi un racconto di quel periodo in cui Kromer ha fatto il vagabondo.
Se non bastasse questo fatto a far diventare “Un pasto caldo e un buco per la notte” il classico libro da non ignorare, ci si mette anche la scrittura di Kromer, asciutta, al limite del chirurgico, in grado di affrontare le sventure senza falsi scrupoli, senza cercare di edulcorare la pillola. Mi sono ritrovato più volte costretto a chiudere il libro e riprendere fiato. Evidentemente sono troppo emotivo io, ma alcune delle scene raccontate da Kromer mi hanno messo una profonda tristezza. E credo che un libro debba dare anche questo a volte. I libri con un lieto fine sanno essere noiosi.
“Un pasto caldo e un buco per la notte” è una descrizione meravigliosa di cosa si prova ad aver fame, di quanto poco valesse la vita di un senzatetto, ma soprattutto, è una descrizione emotivamente coinvolgente di quanto la crisi economica avesse fatto vittime innocenti. C’è una scena, la rivivo in questo momento, un padre, una madre e un bambino che tossisce rantolando. La madre gli da dei colpetti sulla schiena, ma quella malattia non si guarisce con dei colpetti sulla schiena. Seguono le rotaie del treno per un po’, per cercare un punto dove salirci al volo, ma si fermano, si buttano a terra stremati, Kromer prosegue. Il lettore invece no.
Coordinate:
E’ il momento dei ringraziamenti. Il primo grazie va alla casa editrice Quodlibet per aver pubblicato questo libro. L’ho divorato con avidità anche avendo bisogno di qualche minuti di pausa tra un capitolo e l’altro per togliermi di dosso un po’ di tristezza. Quodlibet è una di quelle case editrici a cui un lettore si affezione, vuoi per la sensazione di rilassamento che si prova a tenere in mano i loro libri, vuoi per la qualità della proposta editoriale. “Un pasto caldo e un buco per dormire” è stato pubblicato nella collana Quodlibet Compagnia extra diretta da Ermanno Cavazzoni e Jean Talon.
Vanno anche ringraziati per aver dato alla luce una riedizione del libro rispettosa dell’originale. Infatti, in una precendete edizione, un capitolo che ha come protagonista un omosessuale è stato editato in modo da farlo diventare una prostituta. Ora i torti sono stati sanati.
E di questa opera sanatoria se n’è occupato anche il traduttore/curatore del libro, Mario Maffi. Io credo che tradurre una storia del genere dia dei sentimenti contrastanti. Da un lato la soddisfazione di riportare in vita un libro molto bello, dall’altro la necessità di doversi sporcare le mani con una storia che ti rimane addosso, magari anche solo con un leggero alone di tristezza condito con la domanda che se faranno tutti nel leggere il libro: cosa farei io?
Se fosse vivo oggi, nell’epoca di Internet, magari potrei anche mandare un messaggio su uno qualsiasi degli innumerevoli social network e ringraziare personalmente l’autore Tom Kromer per la sua opera. Potrei spingermi pure più in là e chiedergli come è stata vivere cinque anni sulla strada. Kromer però è morto nel 69 e in quell’anno il massimo della modernità era andare sulla Luna. Comunque, siccome le parole arrivano molto più lontano di quando chiunque possa immaginare: la ringrazio.