Quando ho iniziato a leggere la trilogia di Grouse County di Tom Drury stavano tutti facendo a gara per definirlo il nuovo Haruf. Non ne posso essere certo, ma magari l’ho fatto anche io, vai a sapere. La questione era semplice. L’ha pubblicato NNeditore, NNeditore aveva pubblicato Haruf, Haruf era stato un gran successo, Haruf aveva pubblicato un trilogia, Grouse County è una trilogia. Drury come Haruf. Semplice. Poi, vi dirò, a me i paragoni danno sempre fastidio. Non li sopporto nel calcio, figuratevi nella letteratura. Però immagino che almeno inizialmente alla casa editrice possa far piacere che si accosti un nuovo scrittore a uno scrittore che ha già avuto successo. Solo che se la gente cerca Haruf in Drury poi ci rimane male e magari resta con la sensazione che Drury non sia un buon scrittore, semplicemente perché lo hanno letto pensando che fosse un altro. Drury è diverso da Haruf. Hanno punti in comune, ma finisce lì.
“Pacifico” riprende qualche anno dopo la fine di “A caccia nei sogni. I personaggi sono invecchiati, sono diventati grandi. Lyris ha un fidanzato. Micah cambia città per seguire la madre. Tiny resta solo. Altri personaggi entrano ed escono di scena, a volte in modo violento. Per quando possa sembrare strano Grouse County è in fermento, ci sono continue scosse sismiche che assestano i personaggi, li scuotono. C’è un tradimento inaspettato. Un assassinio. Una persona pazza che arriva e semina lo scompiglio attraverso miti e leggende (e questo, se mi consentite, è il personaggio più bizzarro e al contempo doloroso di tutto il libro) e poi ritroviamo altre facce familiari. Tutte per l’ultima volta (a meno che Drury non stia pensando di far diventare Grouse County una tetralogia e visto il successo riscosso in Italia potrebbe pure farlo).
La linea narrativa che più mi ha colpito è quella che segue Micah e il cambiamento a cui va incontro. Cambia città per seguire la madre. Madre che, lo ricordo, nel precedente libro non faceva una gran bella figura. Micah si trova in un nuovo posto, circondato da gente ricca e bella. Non c’è più nulla del paesaggio rurale che era abituato a vedere. Il cambiamento che la città e la nuova vita produrranno in lui è devastante. Ad un certo punto dovrà fermarsi e chiedere aiuto. Parallelamente abbiamo Tiny, nella sua casa, con l’unica compagnia di una capra. L’assenza dei figlio lo ha fatto regredire. Ritorna ad essere un po’ il guascone (per usare un eufemismo) che era stato nel primo libro della trilogia, quel “La fine dei vandalismi” che ha dato inizio a tutto.
Pare che il tema principale di questo libro sia “il cambiamento”. Drury si sofferma ad analizzare le vite delle persone una volta che queste hanno deciso per un cambiamento o l’hanno semplicemente subito. Dan Norman ad esempio ha deciso di smetterla di fare lo sceriffo e di abbracciare la carriera dell’investigatore privato. Il nuovo lavoro però muove in lui qualcosa nella coscienza. Trattare con adulteri e ladri di galline lo abbatte. Il cambiamento che ha scelto per sé mina il suo morale. Tiny subisce l’allontanamento di Micah, lo lascia con qualche perla di saggezza da uomo della strada, ma questo non basta a salvare veramente il figlio. Il male a cui lo aveva preparato non è lo stesso che sarà costretto ad affrontare e che lo roderà da dentro. Altri personaggi invece il cambiamento lo eviteranno. Saranno uguali a se stessi fino alla fine, nel bene e nel male.
Mentre il primo libro della trilogia sembrava abbracciare Grouse County nella sua interezza, “A caccia nei sogni” si era concentrato più sulla storia di Tiny e i figli. Come se lo scrittore avesse consapevolmente ingrandito un particolare di un ritratto. Ora, nell’ultimo libro della serie, lo sguardo si allontana un po’ di più. I personaggi coinvolti aumentano, le trame si moltiplicano, aumenta anche la violenza, quasi come se Grouse County alla fine fosse stata contagiata.
Il libro termina con una nota di speranza e di salvezza. Una degna chiusura per una trilogia che mi ha accompagnato negli ultimi due anni. Un finale aperto, che ci indica la strada, poi starà a noi decidere se prenderla o meno.
Traduzione di Gianni Pannofino.
Qui la recensione a “La fine dei vandalismi” e qui la recensione a “A caccia nei sogni“.
Tom Drury (Iowa 1956) è uno scrittore americano che ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui la fellowship della Fondazione Guggenheim. Dopo aver insegnato nelle università americane, attualmente vive e insegna a Berlino. La fine dei vandalismi, il suo primo romanzo, è uscito negli Stati Uniti nel 1994 ed è stato subito acclamato come miglior libro dell’anno dalle maggiori testate americane. Uscito a puntate sul New Yorker, ha ricevuto il premio come Notable Book dell’Ala, l’associazione delle biblioteche americane. NN Editore ha pubblicato anche gli altri due volumi della trilogia ambientata a Grouse County: A caccia nei sogni e Pacifico; nel corso dei prossimi anni pubblicherà la sua intera opera.