“Alcune persone diventano dei poliziotti perché vogliono far diventare il mondo un posto migliore. Alcune diventano vandali perché vogliono far diventare il mondo un posto migliore da vedere” (Banksy, Existencilism, 2002.)
Il mese da poco terminato, oltre alle zucche stregate e alle prime piogge di un incerto autunno, ha portato via con sé trentuno installazioni newyorkesi di Banksy , artista inglese dall’identità ignota famoso per una street art da sempre anti-capitalista, anti-istituzionale e pacifista.
Il V per vendetta dalla bomboletta magica è attivo fin dagli anni ’90, le sue apparizioni artistiche irriverenti, taglienti e al limite del grottesco mostrano il lato più oscuro della società moderna con un umorismo che potremmo definire pirandelliano.
Ultima sua prodezza, Better out than in, ha invaso i muri di New York per tutto il mese di Ottobre, dando vita ad una mostra itinerante che prevedeva un “contributo” quotidiano ubicato “a sorpresa” sulla buccia variopinta della grande mela.
Il sapore è sempre quello: dolceamaro, satirico e rivelatore con aggiunto un pizzico di amore per il simbolico e una profonda conoscenza dell’umano.
Come prevedibile l’effetto Banksy ha contagiato molti, alcuni stencils sono subito diventati icona, in particolare un cuore rattoppato che spicca il volo nel cemento e che tanto ricorda la balloon girl banksiana, realizzata nel 2005 sull’imponente muro di separazione israeliana; se però i palloncini cisgiordani sembravano portare in salvo la protagonista del murales conducendola verso nuovi mondi, qui il volo appare incerto, la meta è lontana e il cuore all’elio, senza nessuno da salvare, potrebbe sgonfiarsi da un momento all’altro.
La capacità del writer di Bristol di cogliere la realtà e tradurla in linguaggio figurativo è notevole ma anche pericolosa, il rischio che si corre accomuna l’ultima sua impresa a quella cisgiordana del 2005, ed è quello della riduzione di alcune opere d’arte a semplici icone svuotate del proprio profondo significato.
Il rischio che si corre è quello di far diventare Banksy il simbolo dell’arte anti-capitalista e non sapere cosa sia il capitalismo, d’aver sullo schermo del proprio smartphone the balloon girl e ignorare come il muro di Berlino in realtà non sia mai caduto.
Ma è tuttavia un rischio che va corso quando l’arte, come in questo caso, esce dai musei, diventa democratica, parla alle strade e delle strade si nutre in vitalità, e tanto meglio se anche una sola delle migliaia di persone fermatesi a guardare Ronald McDonald mentre trascina una bambina sopravvissuta ad un bombardamento, si chiederà “cosa avrà voluto dire?”