Non è la prima volta che incontro uno scrittore, che non scrive diciamo per mestiere. Scrive bene, e’ bravo e anche famoso, ma il suo lavoro principale rimane un altro, precisamente il bancario. Che poi è anche il mio di lavoro, principale.
Eugenio Tornaghi, autore di questo nuovo giallo edito da Novecento Editore, La pesca dello spada, dal titolo sembra avere poco a che fare con prestiti, finanziamenti o affari aventi come tema di fondo il denaro, ma non è così.
Eugenio ci racconta la vita quotidiana di una banca, ci descrive le vicende a noi contemporanee, di un verosimile Istituto di Credito, teatro di un delitto eccellente, che innesca un giallo scritto, a mio parere, davvero bene.
L’argomento è più che attuale. Quanti oggi vorrebbero entrare in una banca, ancor di più in un ufficio centrale, come quello in cui da tempo lavora il nostro autore, e far secco un alto dirigente, il colpevole dei guai della nostra società, il capo di masnade di briganti, come oggi vengono regolarmente definiti bancari e banchieri, perché nulla ormai fa’ la differenza, tutti colpevoli nessun colpevole!
Non c’è tempo per grandi presentazioni, la trama e’ fitta fin dall’inizio e avrà bisogno di oltre 500 pagine per districarsi, per attraversare gli innumerevoli piani e i lunghi corridoi, di cui è fatto questo labirinto di uffici, alla ricerca del colpevole.
L’autore è bravissimo a coinvolgere nella storia un sacco di personaggi, ad inserire tanti ruoli, tutti importanti, tutti ad interpretare una parte determinante nello svolgersi della trama. Tutti sono al posto giusto nel momento giusto.
Ci sono numerosi dirigenti di pubblica sicurezza, così come della banca stessa. Siamo di fronte al classico luogo comune italiano, dieci che comandano due che lavorano, dieci che pianificano riunioni interminabili e vuote di contenuti, e due che si attivano. E uno degli aspetti che vi farà gioire leggendo “La pesca dello spada”, e’ proprio il lavoro indispensabile dei “dietro le quinte”, di cui non si potrà fare a meno.
Siamo in centro a Milano, luogo di concentrazione dei principali Istituti di Credito, dove io ed Eugenio abbiamo anche condiviso qualche anno di lavoro in uno di quei palazzi alveare, nessuno dei due sapendo della comune passione extra-bancaria.
Il delitto e’ gravissimo, e necessità di un commissario in gamba, super-partes, di elevata professionalità, con skill di tutto rispetto. Il commissario Cattaneo. Chi gli affida il lavoro però, spera che il commissario possieda tutt’altre caratteristiche, o forse lo da per scontato, purtroppo per noi.
Così l’autore, che sembra tirato per la giacca dalla storia, come spesso accade ai grandi (siete invitati a chiederglielo alla prima presentazione), si trova costretto a raccontarci una storia nella storia, ad introdurre dei capitoli “fuori campo”, così io li ho definiti, che danno ulteriore slancio al plot principale.
Ci sono in questo romanzo, dialoghi vivi, descrizioni, moltissime, che attivano i sensi e ti portano letteralmente nei luoghi che Eugenio ci racconta. Ci sono cambi di scena degni di un film, e non dico cose strane all’autore, perché qualcosa credo bolle in pentola, giusto?
Vedrete, cari lettori, che vi capiterà spesso di fermarvi a contemplare una serie di fotografie di luoghi, situazioni, momenti e avvenimenti tradotti sulla carta in modo artistico. Siamo in centro citta’, nella metropoli milanese, ma fidatevi che l’arte non si fa’ problema a porre qui la sua residenza.
E preparatevi a non dare nulla per scontato. Preparatevi ad un gran finale, di spessore altissimo, da lasciare a bocca spalancata, tanto. Come quella di un pesce spada.
“Lavora per denaro e per paura. Non ha un ideale se non il suo portafoglio. E’ l’esponente perfetto della razza che domina questo tempo vile.”
“Ho fatto anche degli errori, ma il motivo vero del mio licenziamento sono dei no di troppo, non dei si sbagliati. Io ero già sulla loro lista nera, hanno approfittato della prima occasione per farmi fuori.”