50 anni e non sentirli. Questo newyorkese ha ancora la grinta di un 30enne, non c’è che dire.. Tra donne sull’orlo di una crisi ormonale, un palco minimal basato sui giochi di luce a spostare l’attenzione su cantante&strumentisti e un pubblico da sold out (apparente purtroppo) assolutamente fidelizzato dalle numerose passate apparizioni hanno creato una perfetta alchimia al Forum di Assago.
Opening della serata affidato a Trombone Shorty, uno tra i piu’ eclettici trombettisti e trombonisti della scena, tra influenze jazz, hip hop, reggae, metal, funk, rock. Ha iniziato a suonare il trombone all’età di sei anni e dal 2009 si esibisce insieme al suo gruppo, gli Orleans Avenue. Sono loro a scaldare con successo il pubblico milanese, accorso ai piedi dello stravagante rocker newyorkese. Contando che i rumors ci davano Arisa in plancia di lancio come “gruppo di supporto”, ci è andata bene… quanto meno abbiamo gustato qualcosa di nuovo e diverso.
Qualcosa di nuovo e diverso c’era anche sul palco. Oddio, forse nuovo no ma diverso di sicuro. Fiati e Lenny Kravitz a parte, sul palco sono le donne a farla da padrona… le coriste, la bassista e la super batterista. Così chi pensa che ci fosse da rifarsi gli occhi solo per le donniciole si può mettere il cuore in pace, siamo rimasti soddisfatti anche noialtri. Ma la soddisfazione maggiore è per la qualità degli strumenti. Lenny ci spiegherà che la sua voce ha qualche problema e così, come è ovvio che sia, lo spazio dato alla musica aumenta esponenzialmente… senza mai annoiare.
Apre le danze, un po’ sottotono a dire il vero, The Chamber, il singolo che ha lanciato STRUT, il nuovo album da un paio di mesi nei negozi. Con Dirty White Boots e American Woman, però Lenny fa capire che è solo una partenza col freno a mano tirato e in It Ain’t Over Till It’s Over coi fiati a farla da padrona siamo tutti sul pezzo. Strut e Dancin’ Til Dawn, prima di Sister (solo di chitarra clamoroso) e Circus,occupano la prima parte di concerto fino alla nuovissima New York City, caratterizzata da una palla strobo che proietta dei bianco e nero della grande mela.
Piccola pausa e Lenny si giustifica per la malattia dei giorni prima che a suo dire non lo starebbe facendo esprimere come vorrebbe, ma “Io e la mia band cercheremo di farvi felici in any fucking ways” e via di promessa di essere al meglio alla prossima data a Milano. E noi ci fidiamo e lo aspettiamo.
Dig In e Always on the Run ci fanno capire che se Lenny non avesse detto niente (e tanto un mucchio di gente non l’ha comunque capito) nessuno si sarebbe accorto di quelle piccole difficoltà che probabilmente danno fastidio solo a se stesso. Ma chi vi scrive è solo un appassionato di buona musica e non un critico d’alto livello. Lui, come sempre, cerca un rapporto diretto coi fans, per i quali prova molto rispetto. Fans che non deludono su I Belong to You, e sull’infinita Let Love Rule, canzone da 15/20 minuti che mi stupisce sempre per variazione e spirito. E’ uno dei leit motiv di Lenny, ricordare a tutti che la forza dell’amore è sopra tutto, con dedica speciale ai bambini della scuola in Nigeria morti per lo scoppio di una bomba, spiegando sempre come bisogna lasciare che l’amore guidi la nostra vita.
Fly Away cantata da tutto il pubblico e Are You Gonna Go My Way dove tutti saltano e salutano il rocker chiudono il concerto alle 23.40 circa, dopo due ore di pura satisfaction: è stata anche al netto della voce non al meglio (!?!) una grandissima performance di uno tra i migliori artisti della scena internazionale che 50 anni li dimostra solo per qualità e profondità musicale.