La prima informazione da dare è riservata a chi non ha letto il primo capitolo della trilogia di Grouse County intitolato “La fine dei vandalismi”. “A caccia nei sogni” è un libro che si può tranquillamente leggere anche da solo.
La seconda informazione da dare è riservata a chi ha letto il primo capitolo della trilogia di Grouse County e l’ha trovato troppo dispersivo, chiassoso (sono critiche che ho letto in rete). Questo è un libro diverso. Molto diverso.
“A caccia nei sogni” si focalizza su una manciata di personaggi. Quattro per farla breve. Il nostro Tiny che in questo libro cerca di perdere il soprannome e di farsi chiamare Charles. La moglie Joan. Il figlio Micah e la figliastra (prima figlia che Joan aveva dato in adozione) Lyris. Rispetto a “La fine dei vandalismi” il panorama è molto più ristretto, non solo per il numero dei personaggi, ma anche perché l’azione si svolge nell’arco di un weekend.
Joan decide di andarsene via per un paio di giorni, ma le cose non sono mai come le progettiamo. Charles si deve occupare della famiglia. Del piccolo Micah e di Lyris alla quale sta cercando di fare da padre. Lyris poi incontra un poco di buono, una figura che potremmo assimilare al vecchio Tiny dell’inizio della trilogia.
Personaggi che sembrano vivere la loro vita reale, ma anche una vita onirica. Che sembrano riuscire a trovare il significato di ciò che li circonda partendo dai sogni.
Con Drury è un po’ come andare a passeggio a Grouse County guardando da Google Maps. Nel primo volume ci eravamo tenuti ad una certa distanza. Il paese compariva nella sua quasi interezza. I personaggi erano tanti e interagivano tra loro. C’era la stessa confusione bonaria che si può trovare in un Pub il venerdì sera. Con il secondo volume Drury ha deciso di zoomare fino ad inquadrare una strada precisa, una casa in particolare. Ha deciso di farci diventare dei voyeur e di farci osservare da vicino come sta evolvendo la vita di Charles (diciamocelo, era uno dei personaggi migliori anche del primo libro) e delle persone che gli stanno accanto.
Un Charles che fa l’idraulico, che ha un lavoro dunque serio, una casa in cui vivere. Non scappa più, non si muove, rimase immobile. Ma è pur sempre un Charles che dentro di sé ha ancora una buona dose di Tiny e che quindi prova ancora del sano piacere in un furterello a scopo di bene o in una scazzottata (anche questa per validi motivi). Tiny è cresciuto e questo me lo fa amare ancora di più. Ha dimostrato caratteristiche umane che all’inizio del primo libro non sarei mai riuscito a riconoscerli. Certo, non ha molta fortuna con le donne, ma mi piace sperare che come padre abbia un futuro roseo (anche se magari, per saperlo, dovremmo aspettare la traduzione di “Pacific” il terzo volume della trilogia.
Nel complesso sembra che a Drury, come a molti di noi lettori, non fosse bastato mettere il punto finale a “La fine dei vandalismi” e che abbia avuto la curiosità, ancora una volta come noi lettori, di seguire la vita di uno dei personaggi più carismatici.
La traduzione, come nel primo volume, è ad opera di Gianni Pannofino.
Tom Drury (Iowa 1956) è uno scrittore americano che ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui la fellowship della Fondazione Guggenheim. Dopo aver insegnato nelle università americane, attualmente è docente all’università di Lipsia, e vive a Berlino. La fine dei vandalismi, il suo primo romanzo, è uscito negli Stati Uniti nel 1994 ed è stato subito acclamato come miglior libro dell’anno dalle maggiori testate americane. Uscito a puntate sul New Yorker, ha ricevuto il premio come Notable Book dell’Ala, l’associazione delle biblioteche americane. NN Editore pubblicherà tutti i libri della trilogia ambientata a Grouse County.