Come esperimento era stato anche bello. Esteticamente, s’intende, e d’altra parte come poteva essere altrimenti con la conduzione di Ilaria D’Amico. Sì, avete capito, stiamo parlando di “Campioni”, il primo e unico reality show sul calcio dove una squadra, il Cervia, divenne praticamente di proprietà di Mediaset con giocatori sottoposti a provini, con Ciccio Graziani come allenatore e pubblico da casa (espressione davvero brutta) come giudice e allenatore in seconda. Settimana dopo settimana, i telespettatori indicavano uno degli undici da schierare nella formazione per la partita successiva costringendo spesso il mister a rinunciare alle proprie certezze.
Pensate se qualcosa del genere dovesse succedere nel calcio che conta con milioni di allenatori da casa che fanno la formazione con l’allenatore ridotto a notaio delle volontà altrui. Pensate a una Nazionale scelta da noi tifosi, un televoto o sondaggio da casa per scegliere i 23 da portare ai Mondiali e un altro per indicare la formazione.
Funzionerebbe? Dovremmo rinunciare alla professionalità di un allenatore a favore di una democrazia del tifoso? E’ un discorso paradossale, ma fino a un certo punto, perché quando cadono i filtri, il rischio è quello di una perdita di valore. Il presupposto che siamo tutti allenatori, siamo tutti politici, tutti esperti di economia è in sé profondamente sbagliato, ma si nutre della mancanza di valore e professionalità di chi ha l’autorità e il ruolo per prendere decisioni.
Se i politici sono corrotti, fermi in giochi di strategia dimostrandosi incapaci cade quel filtro, quella mediazione necessaria per ottenere risultati con la conseguenza che perdono completamente di prestigio e d’autorità con il popolo che intende rovesciare il ruolo. E’ come se alla Juventus non fosse arrivato un Conte, ma fossero rimasti i Ranieri, Ferrara e Delneri. I tifosi non si sarebbero più riconosciuti nell’allenatore e nella propria squadra e avrebbero voluto la panchina.