Abraham Yehoshua..Abraham Yehoshua..che cavolo di romanzo il suo Il responsabile delle risorse umane! Alla faccia di tutti quei discorsi sulla non-fiction novel, e sui vari Shields dell’antiromanzo, Il responsabile è proprio una cosa grande alla vecchia maniera. Il testo esce nel 2004 con un titolo che la mia tastiera non è in grado di scrivere, tradotto lo stesso anno in italiano da Alessandra Shomroni, ma io, da bravo scansafatiche, ho aspettato undici anni, che così pare che sto parlando di vino e sembra che sono figo.
Ora la trama/plot/storia del romanzo può essere riassunta in poche parole: Il protagonista, appunto un responsabile delle risorse umane, viene spedito dal proprietario della fabbrica in cui lavora ad accompagnare la salma di una dipendente straniera, morta durante un attentato, da Gerusalemme al suo Paese d’origine.
Capire di che cosa parla in realtà il romanzo, cioè quale sia l’intento con cui – immagino – Yehoshua abbia preso in mano la penna richiede un passo indietro di qualche anno. Siamo nel 1998, anno in cui viene pubblicato Il potere terribile di una piccola colpa. Etica e letteratura (la traduzione italiana è del 2000). Non un romanzo, ma un saggio, in cui Yehoshua discute il rapporto che intercorre tra morale/etica e testo letterario. Dico questo perché insomma, stingi stringi, il romanzo qui in questione racconta del percorso (la tedesca Bildung) di formazione di sto responsabile, che passa da una responsabilità puramente burocratico-formale nei confronti di Julia, la donna morta nell’attentato, ad una responsabilità vera e propria, che ha a che fare con la sua propria libertà di giudizio. Questa acquisizione porta il protagonista, nell’ultima pagina del testo, a scontrarsi con il potere più grande, quello del proprietario della fabbrica, e ad opporsi ad esso in funzione del suo nuovo io morale. Non manca inoltre il riferimento al ruolo del testo scritto. Tutta la vicenda è infatti messa in moto da un articolo di giornale che accusa la dirigenza della fabbrica di non essersi curata delle sorti della dipendente, che è stata lasciata priva di nome in un obitorio. Durante il viaggio il giornalista, rivolgendosi al responsabile dirà: «la realtà che si è creata dalle mie parole mi ridà fiducia.» Proprio in questa frase risiede buona parte del senso del testo.
Abraham B. Yehoshua (Gerusalemme 1936), insegna letteratura comparata presso l’Università di Haifa.