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La magia del superclasico: tra leggende e brutti anatroccoli

by senzaudio
E’ solo un gioco”. Non ditelo agli argentini. Non ditelo a chi tifa Boca Juniors e a chi tifa River Plate. Non ditelo prima, durante e dopo un Superclasico, la partita più importante del mondo. Certo, non c’è un trofeo in palio, ma c’è qualcosa di molto più importante. C’è la supremazia fino alla partita successiva, c’è lo sfotto, c’è il gonfiare il petto e mostrare con orgoglio una maglia bianca con una banda diagonale rossa, o una azul y oro.

Proprio questo orgoglio sta alla base del derby più importante di tutti. Le due squadre riuniscono più del 70% dei tifosi argentini. Poco importa se sei al Monumental o alla Bombonera, poco importa se lo stadio è esaurito: quel 70% si riversa in campo. Sui ventidue giocatori in campo c’è tutto il peso di una nazione intera.
E’ vero, parliamo di calcio, ma il Superclasico non è un gioco. River e Boca hanno solo quattro anni di differenza ed entrambe le squadre sono nate nello stesso quartiere: La Boca di Buenos Aires. Ciò che rende unica questa sfida è il senso di appartenenza al proprio club, alle proprie radici.
riquelme
Il Boca Juniors ha radici italiane, genovesi. Da qui arriva il primo apodo (soprannome): Xeneizes. Sono però anche radici umili, radici diverse da quelle del River Plate. Una differenza che è evidente anche da uno dei tanti soprannomi della Banda: i Millonarios, i milionari. Tutto perché il River acquistò nel 1931 il fenomeno dell’epoca, Bernabé Ferreyra, per una cifra incredibile per quei tempi: 35mila dollari.
Non vogliamo spingerci nei meandri della storia dei due club, ma un dato soprendente c’è. Soprattutto, dopo la vittoria del Millo nell’ultima sfida. Il River Plate non vinceva alla Bombonera, la casa del Boca, dal 2004 quando in panchina c’era Manuel Pellegrini, attuale allenatore del Manchester City.
I tifosi riverplatensi non avevano ancora potuto esultare nello stadio degli avversari da quando sono ritornati nella Primera Division, dopo l’incubo della B. Sono passati dieci anni da quella vittoria e il River ha voluto riguardare al passato. Prima ha riportato l’allenatore più vincente della storia, Ramòn Diaz, poi ha ridato la fascia da capitano all’ultimo, diventato penultimo domenica sera, matchwinner nel derby: Fernando Cavenaghi, il Torito.
Los Hincha, i tifosi, della Banda, però, non hanno potuto esultare neanche questa volta, visto che alla Bombonera c’erano solo tifosi del Boca. Il fattore campo è stato annullato. Una bella vendetta, dopo che nel Torneo Inicial los Xeneizes espugnarono il Monumental, anche loro senza tifosi al seguito. Una doppia vittoria in trasferta delle due squadre mancava dalla stagione 2003/2004.
La bellezza del Superclasico arriva soprattutto dai personaggi che lo compongono. Dai più attesi, alle sorprese. E proprio l’ultimo è l’esempio perfetto.
Il River vince 2-1 con il vantaggio firmato da un Millonario doc, come Lanzini. “Da tifoso del River, segnare alla Bombonera è qualcosa che non dimenticherò mai”, ha detto Manu al termine della partita. Il pareggio invece, è stato un “canto al futbol”, un canto all’orgoglio del Boca: Juan Romàn Riquelme trasforma un calcio di punizione che bacia la traversa prima di battere un incolpevole Barovero. Ma la sorpresa non poteva mancare.
Il brutto anatroccolo che diventa cigno si chiama Ramiro Funes Mori, il “Mellizo”, il gemello. Il soprannome deriva dal fatto che ha un gemello anche lui giocatore. Sin qui, la storia di Ramiro è stata legata, e oscurata, soprattutto a quella del fratello Rogelio. Lui difensore, il gemello è un attaccante che sta cercando fortuna al Benfica. Ramiro non aveva mai segnato, è un difensore esterno che sta faticando a mettersi in mostra. Invece, nel momento in cui tutti si aspettavano qualcun altro, sbuca con un colpo di testa che regala la vittoria al River. Quella vittoria che mancava da dieci anni. Non c’è bisogno di dirvi che, dopo il gol, Funes Mori è diventato l’idolo dell’Hinchada, la curva, della Banda. La prima volta non si scorda mai.
Le certezze quindi vengono a mancare durante ogni Superclasico ma, statene certi, la storia ci regalerà nuovi personaggi e nuove storie, pronte a diventare leggende. Fortunatamente, non sarà mai “solo un gioco”.

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