Raccontare una storia è arte. A volte è la storia stessa, per la sua particolarità, a venirti incontro. In quei casi lì lo scrittore si trova una materia talmente tanto originale da non dover quasi faticare per portarla su carta. Altre volte la materia trattata è comune. Un intreccio semplice, ascoltato e visto in altre varianti che non l’esplosività del colpo di scena. In questi casi è la scrittura a dover arricchire la trama. E’ la scrittura che ha il compito di farci dire: gran bel libro.

Senti le rane” di Paolo Colagrande è un esempio del secondo gruppo. Ci troviamo a far la conoscenza di Gerasim e Sogliani (anche se a parlare, anche per riportare quanto detto da Sogliani, è sempre Gerasim). Seduti al tavolino di un bar ci viene raccontata la storia di Zuckermann, ebreo che ha avuto una folgorazione mistica e si è fatto prete e che successivamente ha avuto una folgorazione carnale e si è fatto la Romana, una ragazzi ben messa di paese.
Ma assieme alla storia di Zuckermann veniamo a conoscere anche i due improbabili e inattendibili biografi che, tra una digressione e l’altra non mancheranno di dirci cosa pensano di praticamente ogni aspetto del mondo. Se Gerasim fosse vostro amico sarebbe il vostro amico logorroico, quello che prendete a piccole dosi. Sogliani è quello più burbero, dall’animo facilmente infiammabile, pronto a dar contro a tutti e convinto di aver sempre ragione.
Conosciuti questi due elementi da bar la storia di Zuckermann procedere, non in primo piano e nemmeno nelle retrovie. Ciò che viene raccontato e chi racconta diventano un’amalgama omogenea.
La scrittura di Colagrande è una fusione perfetta di italiano e inflessioni dialettali, tanto che sembra, leggendo, di sentire il ritmo della parlata romagnola. Una scrittura viva, carnale, che prende il colore della gente, la freschezza dal vino, la genuinità del buon prosciutto crudo.
Lo stile è una continua digressione, un incastro dietro l’altro che poi si scioglie nelle parole di Gerasim, che, non dimentichiamolo mai, ci racconta una storia, la sua versione della storia.
Brevemente, se vi piace quando qualcuno vi racconta una storia, se in voi c’è ancora il bambino che aspettava di essere messo a letto da principesse e draghi, se apprezzate il lavoro sullo stile, se amate le parlate colorite e la lingua che sgorga sincera allora “Senti le rane” è un libro che dovete assolutamente comprare.
Se non avessi ancora letto “Senti le rane” lo leggerei.

Non ho molto da dire su Nottetempo. Già nel 2014 aveva dato alle stampe uno dei libri che mi hanno colpito di più. Siamo appena a Marzo 2015 e hanno già fatto centro per la seconda volta. La cosa positiva è che la fine dell’anno è ancora lontana e posso aspettarmi altre perle. Aver pubblicato “Senti le rane” è una medaglia che si porteranno addosso per parecchio tempo.

Paolo Colagrande (Piacenza, 1960) ha vinto nel 2007 il Premio Campiello Opera Prima con Fídeg, suo romanzo di esordio. Tra i suoi ultimi libri ricordiamo, Kammerspiel (2008) e Dioblú (2010).

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