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Robert Coover – La babysitter e altre storie

by Gianluigi Bodi
Robert Coover

Quando, all’incirca a maggio 2019, mi è capitato in mano un estratto di quello che sarebbe poi stato “La babysitter e altre storie” di Robert Coover mi sono subito reso conto che stavo leggendo un autore diverso da quelli che stavo frequentando nell’ultimo periodo e l’impatto con la sua scrittura era stato decisamente interessante. Aveva smosso qualcosa. Aveva, in alcuni momenti, la forza di ricordarmi come mi ero sentito mentre leggevo le folli e deliranti narrazioni di Barthelme e quindi, in un certo senso, mi sembrava di aver incontrato un cugino che non vedevo da perecchio tempo.

Qualche settimana fa ho iniziato a leggere “La babysitter e altre storie” di Coover, cercando di lasciare quanto più spazio possibile tra un racconto e l’altro come se leggendoli in fitta sequenza rischiassi di diminuire il potere di quelle storie. Alla fine, toccato l’ultimo punto, sono giunto all’umile conclusione che Robert Coover è un pazzo e, in equal misura, un genio. Uno scrittore che, in apparenza, non si è mai curato di ciò che fosse giusto dare al pubblico, nessuna pappa preconfezionata, nessuna mano tesa verso il lettore distratto. Se vuoi leggere Coover devi uscire (metaforicamente, si intende) dal letto, prendere la porta di casa, avventurarti per strada e andare a suonare al portone di casa sua.

“La Babysitter e altre storie” è una raccolta che include trenta racconti scritti in un arco temporale piuttosto ampio (capace di dare un’immagine chiare di quello che Coover è come scrittore) e la particolarità più spiccata della curatela di Luca Pantarotto e Serena Daniele (che traduce anche uno dei racconti della raccolta) è che ognuno dei trenta racconti è stato tradotto da un traduttore diverso. Il che, ma ci ritornerò dopo, dice molto più di Coover di quanto non si possa immaginare.

Di primo acchitto mi viene da dire che in questa raccolta non ci siano due racconti uguali. Alcuni hanno strutture che si assomigliano, ma non combaciano mai completamente. Mi riservo di rileggerne alcuni perché, non faccio fatica ad ammetterlo, ne sono rimasto talmente spiazzato da aver avuto la chiara impressione di non averci capito nulla. Cosa che apprezzo perché, al piacere della lettura si somma anche un certo gusto per la sfida intellettuale. Il racconto che dà il titolo alla raccolta è probabilmente l’esempio lampante di come Coover riesca a colpire il lettore all’improvviso e senza pietà. Il racconto è struttura in blocchi non seguenziali, ma leggendolo si ha pure l’impressione che le storie intrecciate siano più di una e che divergano nell’esito finale. Questo tipo di costruzione dà un senso di angoscia crescente che, nell’ultimo blocco, trova sfogo e lascia con una nota di incredulità.

L’idea che mi sono fatto di Coover come scrittore è che lui abbia cercato di decifrare la realtà delle cose attraverso un uso combinatorio degli elementi del testo. In più di un momento, mentre leggevo, mi sono chiesto se quello che stava facendo lo scrittore non fosse altro che prendere la letteratura “tradizionale”, smontarla per poi rimontarla in modi sempre diversi per cercare di dare un’interpretazione del reale quanto più vicina possibile. A Coover sembra non bastare la pagina, sembra voler straripare ai lati del foglio, gioca con gli elementi, con le sequenze temporali e con le regole che definiscono lo spazio. Lo stato di confusione che alcuni di questi racconti producono ha lo stesso sapore di quella confusione che proviamo quando, di fronte alla vita, questa ci coglie impreparata.

Torno per un attimo alla questione traduzione. Come accenavo prima, la casa editrice ha deciso di affidare ogni racconto a un traduttore diverso. Quindi, matematica in testa, trenta racconti fanno trenta traduttori. Mi ero chiesto il perché di una simile operazione, poi, leggendo il libro, credo di essermi risposto almeno in parte. Il fatto è che Coover non è un unico scrittore, non ha uno stile e una voce univoca, se vogliamo ciò che lo caratterizza è la sperimentazione mai fine a se stessa. Il fatto che ogni traduttore abbia apposto la propria firma ad un racconto rende ancora più evidente il fatto che Coover sia uno scrittore dalle personalità multiple.

Perché leggere questo libro dunque? I motivi sono diversi. Il primo, il più importante è che “La babysitter e altre storie” è un gran bel libro. Il secondo ha a che fare con la diversità che ogni racconto porta dentro di sé. Un terzo motivo, magari più interessante per chi scrive, è che leggendo questo libro si riesce a capire molto bene come sia possibile stiracchiare i limiti della scrittura senza compiere un gestovuoto e sterile. Il quarto e, per ora ultimo motivo, è che la sensazione di non avere completamente colto il significato (o anche solo la trama) di un racconto è un ottimo carburante per la mente.

Ecco la lista dei traduttori coinvolti nel progetto.

Ada Arduini, Chiara Baffa, Katia Bagnoli, Massimo Bocchiola, Luca Briasco, Guido Calza, Silvia Castoldi, Franca Cavagnoli, Gaja Cenciarelli, Matteo Colombo, Fabio Cremonesi, Serena Daniele, Riccardo Duranti, Laura Gazzarrini, Daniele A. Gewurz, Gioia Guerzoni, Eva Kampmann, Cristiana Mennella, Laura Noulian, Vito Ogro, Monica Pareschi, Silvia Pareschi, Alberto Rollo, Silvia Rota Sperti, Roberto Serrai, Chiara Stangalino, Sara Sullam, Claudia Tarolo, Martina Testa, Isabella Zani.

Robert Coover (1932) è autore di romanzi e raccolte di racconti, ed è considerato uno dei padri del postmoderno americano. Ha insegnato per più di trent’anni alla Brown University, dove ha fondato l’International Writers Project, un programma rivolto a scrittori internazionali perseguitati per le loro idee e i loro scritti. Con il suo primo romanzo, The Origin of the Brunists, ha ricevuto il William Faulkner Foundation First Novel Award, e con The Public Burning (1977) è stato finalista al National Book Award. NNE pubblicherà anche il suo romanzo Huck Out West.

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