Paratesto:
L’unica cosa negativa che posso dire su questo libro la dirò subito. E’ un crimine nei miei confronti che “A passeggio con John Keats” sia stato pubblicato ora, nel 2014, quando il mio tempo da dedicare alla lettura è decisamente minore. Se fosse stato pubblicato una quindicina d’anni fa io questo libro l’avrei distrutto a forza di sottolineature, l’avrei studiato, sventrato, sposato, me lo sarei pure portato a letto.
Testo:
A me è bastato leggere le prime pagine introduttive, soprattutto quelle sul metodo, per rimanere affascinato dalla bellezza di questo libro. Ora, se siete lettori affezionati di Julio Cortazar, non c’è bisogno che vi descriva di che genere di scrittore stiamo parlando. Ma, se avete la sfortuna (ma a ben vederla, dal mio punto di vista, potrebbe essere anche una fortuna, in quanto potrete scoprirlo per la prima volta) di non aver mai letto nulla del genio argentino, forse qualche informazione che funga da linee guida ve la posso anche dare. Cortazar è il genio puro. Quello che riesce a saltare a un genere all’altro senza nessuno sforzo e mantenendo inalterata la sua greande capacità di stupire e affabulare il lettore. E’ anarchico, distrugge i generi, li reinterpreta a suo modo e non si pone mai paletti. Non c’è, per lui, un: non si può fare.
Ecco perché il “metodo” proprosto per questo libro è l’essenza di Cortazar. Fin dalle prima pagine il nostro Julio ammette che “A passeggio con John Keats” è un materiale pluriforme, qualcosa che sfugge alle normali catalogazioni. Non è un saggio, non è narrativa, non è poesia. E’ semplicemente Cortazar. Cortazar che ci dice, a modo suo, che se ne rende conto, il testo segue flussi imprevisti, dovuti ai reconditi luoghi dove lui appoggia il suo pensiero. Ne è consapevole, ma non gliene frega niente.
E allora, io, mi accodo, “A passeggio con John Keats” per me equivale a passeggiare con Keats e con Cortazar. Equivale a sbirciare un rapporto che oserei definire di ammirazione, ma anche di amicizia.E poco importa se rischio di fare la figura del voyeur, del paparazzo a caccia. Poter osservare due maestri dialogare a così alti livelli è un’occasione che non sono disposto a perdermi.
Ho spesso avuto l’impressione che Cortazar usasse Keats come interlocutore fittizio, come pretesto per esplorare angoli nascosti della propria mente, quegli angoli che, una volta illuminati, gli hanno permesso di regalarci innumerevoli capolavori.
Cortazar è, come detto, genialità pura. A tutti i livelli, qualsiasi sia la materia toccata. Dalle opere teatrali ai romanzi, dai racconti alle lettere private, dai racconti per bambini alle esperienza assurde come “Gli autonauti della cosmostrada”- E con la sua genialità riesce a gettare nuova luce su materia vecchia. Riesce a rendere interessante la poesia in modi che i puritani dell’endecasillabo potrebbero non accettare. Eppure, passeggiare fianco a fianco a Keats risulta amabile, come se steste camminando in una sera primaverile lungo un fiume che scorre placido, con l’erba che profuma i vostri passi, delle grida di bambini in lontananza e un compagno/ una compagna di chiacchierata speciale.
Io, se non fossi io, scriverei “A passeggio con Julio Cortazar”. E spero che qualcuno prima o dopo lo faccia.
Coordinate:
Un plauso a Fazi Editore che arrichisce il suo catalogo con questa perla di rara bellezza. Lo so, sono parole che suonano scontate, in fin dei conti lo si dice spesso, eppoi è il loro lavoro, no? Ed invece no, o almeno non proprio. Una casa editrice può scegliere di pubblicare libri con un facile ritorno di investimento. Basta pubblicare una saga qualsiasi ed è praticamente fatta. A publicare questo libro ci vuole coraggio. “A passeggio con John Keats” è un testo colpevolmente dimenticato che finalmente possiamo goderci in tutta la sua bellezza.
Inoltre, mai come in questo caso va posta tutta l’attenzione possibile sulla traduzione. Un testo complesso come questo deve essere, allo stesso tempo, una dannata sfida ed un dolce tormento. Forse ancora più che altrove, il Cortazar di questo testo salta di palo in frasca rendendo difficile riuscire a seguire il filo dei pensieri, che comunque in lui non è mai lineare e richiede sempre una certa partecipazione attiva da parte del lettore per riuscire ad uscire indenni dal labirinto di parole.
Quindi, un doveroso grazie a chi lo ha tradotto dallo spagnolo: Elisabetta Vaccaro e Barbara Turitto; e a chi si è occupato della traduzione delle poesie di John Keats: Elido Fazi