Mauro Tetti – A pietre rovesciate

by Gianluigi Bodi
Mauro Tetti

Si fa fatica ad aprirlo questo libro, non come gli altri Tunué che sembravano quasi soffici e sinuosi. Questo è un libro che richiede una certa fatica per entrarci dentro. E mi sembra il minimo. Perché per leggere “A pietre rovesciate” serve faticare. E lo so, solitamente la fatica viene associata alle cose spiacevoli, mentre in questo caso, fortunatamente, la fatica ha a che fare con la quella soddisfazione che hai quando riesci a finire qualcosa che ha spostato un po’ più in là i limiti della tua conoscenza letteraria.

Quello di Tetti è un libro che sotto il racconto un un paese e dei suoi abitanti, un paese collocato nell’ambito dell’immaginario, ci culla con una storia che potrebbe benissimo essere una fiaba. Il paese è quello di Nur, un paese di pietra che non si fa fatica ad immaginarlo davanti a noi. Sassi che dormono nella polvere, brezza che alza un pulviscolo indolente, un clima torrido che fa vacillare l’aria. Mi sembra di vederlo, Nur, mi sembra di vedere la Vecchia Dora, il nonno Trattore, Giana sommersa nella vasca, candida balena.

E giorni, e mesi, e anni passarono. Diceva Nonna Dora. E malessere ci fu nel paese. Le dodici dimore in pietra erano diventate dodici torri immense. E c’era freddo e c’era malaria. Gli abitanti calpestavano il suolo brullo, raccoglievano manciate di sabbia e costruivano clessidre.

“A pietre rovesciate” anche se nel modo tutto particolare di Mauro Tetti, mi ha ricordato certi squilli sensoriali che la cara vecchia Macondo ha esercitato per anni su di me. Quelle città che poggiano le loro fondamenta sulla leggenda e che rischiano di essere sgretolate dal tempo.

Questo è un libro che consiglio a tutti gli appassionati di storie che non si accontentano delle cose semplici, di quelle cose lisce che scivolano su di noi senza lasciare traccia. In “A pietre rovesciate” tutto è ruvido. È ruvida la pagina, è ruvida la lingua. I periodi rimangono addosso come fango seccato al sole, i capitoli ingannano con la loro parvenza esile, mentre sono essi stessi pietre.

Per quel che rigurda la casa editrice, voglio solo che Tunué continui così.

Mauro Tetti è nato nel 1986 e vive a Cagliari. Ha pubblicato racconti su Flanerí, Inchostro e altre riviste. Nel 2011 ha vinto il Premio Masala con il monologo Adynatom. A pietre rovesciate, vincitore del Premio Gramsci per inediti, è il suo primo romanzo.

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