Home SenzatraduzioniNon di soli romanzi vive...il traduttore Leonardo Rizzi – Tradurre a fumetti 1: V for Vendetta

Leonardo Rizzi – Tradurre a fumetti 1: V for Vendetta

by senzaudio
"TM & © 2015 DC Comics. All Rights Reserved"

Inauguriamo oggi la rubrica “Non di soli romanzi vive il traduttore” occupandoci di un genere che sta suscitando sempre più interesse, quello del fumetto. E lo facciamo attraverso le parole di Leonardo Rizzi che in questo articolo ci parla

Foto di Gareth Munden

Foto di Gareth Munden

delle sue traduzioni di Alan Moore, in particolare V for Vendetta e Providence, la nuova maxi-serie dell’autore che Panini pubblicherà a partire da novembre. L’articolo di Leonardo è talmente ghiotto che abbiamo deciso di dividerlo in due parti: oggi l’introduzione e la parte su V for Vendetta con tavole originali e tradotte e lunedì la parte su Providence, con immagini in anteprima (sì, avete capito bene!), gentilmente concesse da Panini. Godetevi la prima parte e non perdertevi la seconda lunedì possimo!

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Tradurre un fumetto vuol dire affrontare complessità ingannevoli. Eppure tutto questo mezzo di comunicazione instaura con il lettore un dialogo basato su una semplicità solo apparente. La sua grande immediatezza deriva dall’impatto che le immagini hanno sul lettore e dall’ordine in cui queste sono disposte. È proprio questa sequenza che permette poi al lettore di riempire i buchi narrativi e iniziare una sorta di dialogo con la pagina stampata. La grande forza della narrazione fumettistica è quindi il rapporto che riesce a instaurare con i lettori, facendo loro intuire cosa succede tra vignetta e vignetta, invitandoli a investire intellettualmente ed emotivamente in quello che leggono. Per certi versi la parola scritta, il testo che riempie le nuvolette o le didascalie di una tavola, è solo il terzo strumento comunicativo di questo medium. È l’equilibrio tra immagine, sequenza narrativa e testo che rende il fumetto tanto speciale. In questo mezzo di comunicazione la parola scritta non ha lo stesso primato che detiene nel romanzo e viene relegata a essere uno dei principali componenti della comunicazione. Ma se le immagini e la sequenza in cui sono disposte permettono di veicolare gran parte della narrazione fondamentale, sono proprio le parole che consentono di scavare ancora di più in quanto è descritto graficamente. Il testo permette di approfondire tutto quello che non è possibile disegnare, come ad esempio i paradossi e i concetti più astratti.

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La difficoltà generale della traduzione del fumetto è chiaramente rappresentata dai suoi limiti spaziali. Il testo tradotto non può essere più lungo di quello di partenza, se lo si vuole infilare in un balloon. Per il traduttore questo significa operare continuamente sacrifici testuali; comprendere la strategia narrativa messa in atto dall’autore e crearne un equivalente. In pratica, è l’equivalente letterario di giocare una partita di calcio contro la squadra più forte del campionato: l’obiettivo del traduttore è solo segnare gli stessi punti che segnano gli avversari, accontentandosi di pareggiare o almeno di non fare troppa brutta figura. Oppure, se vogliamo usare un’altra similitudine, potremmo dire che il traduttore è una sorta di prestigiatore impegnato ad ammaliare il pubblico senza far scoprire i propri trucchi.

Se una manipolazione maldestra o un trucco malriuscito vengono avvistati dal lettore, allora la sospensione dell’incredulità viene rapidamente smarrita. E con quella vanno via il gioco, il divertimento, la malia del testo. Questo significa che cercare di risolvere un problema traduttivo con una nota pie’ di pagina è sempre una soluzione molto maldestra. Le note a pie’ di pagina, infatti, fanno incespicare la scansione narrativa costringendo gli occhi del lettore a scendere in fondo alla pagina. La strategia narrativa dell’autore viene modificata. Per quanto possa sembrare una questione molto sottile, l’inserimento di una nota a pie’ di pagina modifica in maniera profonda il rapporto emozionale con la narrazione. È quindi opportuno che un buon traduttore scelga sempre la via più impervia: riprodurre sempre nella propria lingua, nel modo più economico possibile, la strategia narrativa. Ovvero far credere, almeno per un istante, che il fumetto tradotto sia stato scritto davvero nella nostra lingua.

Se il fumetto è poco parlato o rivolto ai più piccoli, spesso questo problema non sussiste. Ma quando la scrittura è affidata a un autore più audace, il testo fumettistico può arrivare a dominare la narrazione. E allora possono succedere le cose più strane. Proprio perché gran parte delle informazioni indispensabili vengono veicolate con le immagini, gli autori più audaci utilizzano il testo per sbizzarrirsi in linguaggi inventati, paradossali, stilizzazioni estreme.

Per toccare praticamente di alcuni dei problemi principali che ho incontrato nei miei anni di traduzione fumettistica, è forse il caso di parlare di uno degli autori più brillanti e complessi degli ultimi trent’anni. Uno scrittore che dà sempre molto filo da torcere ai suoi traduttori. È l’inglese Alan Moore, uno dei principali innovatori degli ultimi decenni, uno dei primi a introdurre una forte complessità letteraria in questo mondo spingendo il linguaggio verso i suoi confini più estremi. Nella sua bibliografia sterminata non si possono non ricordare classici come V for Vendetta, Watchmen e From Hell. Nel corso degli anni, ho avuto tanto il piacere di tradurre la maggior parte delle sue opere sia fumettistiche che letterarie, di esplorare la sua voce narrativa e di imparare le più spregiudicate tecniche di sceneggiatura da lui esplorate. Mi sembra interessante quindi dare un’occhiata a due dei suoi lavori più impegnativi: V for Vendetta e Providence.

Disegnato con toni foschi e raffinati dal meraviglioso David Lloyd, V for Vendetta è un graphic novel orwelliano ambientato in una futuristica Inghilterra neofascista in cui il vigilante mascherato “V” getta i semi della rivoluzione con un panache alla Cyrano de Bergerac. (Per inciso, V indossa la maschera del dinamitardo Guy Fawkes, che da spauracchio della cultura inglese è ora diventato simbolo degli attivisti Anonymous.) Questo graphic novel ha conosciuto in Italia una decina di edizioni diverse diventando uno dei principali long-seller della nostra editoria. Al di là della forza della sua premessa e della sua narrazione, uno dei grandissimi piaceri nel leggere V for Vendetta è proprio il lavoro fatto da Moore sulla lingua. E questo significa che in quelle trecento pagine i problemi traduttivi non fanno che moltiplicarsi.

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Una difficoltà generale è stata riuscire a prendere un’intera cultura inglese piena di assonanze, di riferimenti visibili solo in filigrana, di battute e filastrocche che si imparano alla scuola elementare, e in qualche modo renderle in italiano, facendo in modo che tutti quei riferimenti diventassero chiari per un lettore italiano anche senza rinunciare al loro esotismo. Come si traduce una canzone da birreria con un tema che rispecchi quello del romanzo, quando le nostre vanno principalmente nella direzione di “Osteria numero cento”? E come rendere i funambolismi in rima di una canzone da cabaret piena di allusioni sessuali e nazifasciste in modo da far sorridere d’orrore anche i lettori? Questo senza dimenticare che il titolo di ogni capitolo deve iniziare con la lettera “V”, simbolo che percorre ossessivamente tutto il graphic novel riecheggiando Thomas Pynchon.

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Uno dei principali problemi traduttivi è stato poi tradurre This Vicious Cabaret, una canzone che funge da introduzione alla seconda parte del romanzo e che ne riassume le vicende. Questo non è semplicemente un testo in rima da tradurre tutto sommato con una certa libertà, pur rispettando le esigenze dell’autore. Per l’orrore di tutti i traduttori, la canzone viene riprodotta anche su uno spartito. Una vecchia edizione del romanzo aveva evitato il problema a pie’ pari, affiancando allo spartito con il testo in inglese una traduzione letterale italiana. Eppure, risolvendo così il problema, la vecchia edizione presentava uno scollamento tra testo inglese e testo italiano e il lettore non poteva trarre alcun piacere emotivo dalla genialità dell’autore. L’unica soluzione, ahimè, è stata quella di trovare una traduzione che conservasse il senso del testo originale, lo schema delle rime, lo schema delle assonanze e anche la precisissima scansione metrica, perché fosse possibile adattare la canzone alla partitura. Lascio solo immaginare i lettori quanti giorni di lavoro siano andati via per tradurre queste sei pagine.

Un altro problema interessante è stato trovare un linguaggio italiano per il protagonista V. Questo misterioso anarchico con la maschera di Guy Fawkes che inizialmente si esprime con uno stile naturalistico, ma lentamente inizia a rivelare la sua natura di rivoluzionario romantico, di entertainer della distruzione, parlando con una cadenza di versi non rimati (generalmente pentametri giambici, accompagnati da senari e ottonari). Una caratterizzazione talmente prepotente aveva bisogno di un suo corrispettivo italiano, raggiunto dopo una faticosa traduzione e rielaborazione dei versi originali. I metri usati non corrispondono esattamente a quelli di Moore, ma credo che il senso del suo parlare sia equivalente. Il lento sciabordio dei versi di V, nei suoi monologhi, nei suoi dialoghi, acquista un tono profetico e rivelatore.

Leonardo Rizzi

Commenti a questo post

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16 comments

Leonardo Rizzi – Tradurre a fumetti 2: Providence | Senzaudio 19 Ottobre 2015 - 9:50

[…] ringraziamo per la disponibilità. Se vi siete persi la prima parte dell’articolo, la trovate qui. Buona […]

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Ricorda per sempre il 5 novembre... - Raffaella Lippolis 5 Novembre 2015 - 12:21

[…] hanno però scoperto questa celebrazione grazie a un film, V per Vendetta, tratto dalla graphic novel di Alan Moore e David Lloyd. Così il 5 novembre è diventata una data celebrata in tutto il mondo […]

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