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Jana Karšaiová – Divorzio di velluto

by Gianluigi Bodi

Ho conosciuto Jana Karšaiová alla finale del concorso 8×8 indetto dall’agenzia Oblique di Luccone. Non ricordo l’anno. Mi era già arrivata voce della sua bravura, ma quando ho sentito il suo racconto, letto da lei, mi sono reso conto che Jana era di un’altra lega. Era evidente che avesse qualcosa da raccontare, una storia che non era solo la sua storia, ma la storia di un popolo e di una nazione. Il racconto, per quanto fosse breve, diceva della sua scrittura e della sua poetica molto di più di quanto si potrebbe immaginare. Da quella sera ho aspettato con impazienza (una cosa che riservo solo a pochi amici) l’uscita del suo libro e mai avrei pensato allora che lo avrei visto uscire, qualche anno dopo, sotto il marchio di uno degli editori italiani più importanti: Feltrinelli.

Rivoluzione di velluto” è quell’espressione che viene utilizzata per identificare la separazione tra la Repubblica Ceca e la Slovacchia. Una lenta marcia di avvicinamento verso una separazione che, al tempo, fu epocale. Due nature diverse che si allontanavano perché forse non più in grado di conciliare le loro diversità.

Al centro di “Divorzio di velluto“, titolo che riprende l’espressione più conosciuta, Jana Karšaiová racconta il rapporto tra Katarína e Eugen, lei Slovacca e lui Ceco. Due modi di vivere diametralmente opposti che si incontrano in un centro fragile. Il matrimonio, per entrambi, ha un significato particolare. Per Eugen è un modo per sottrarsi alla volontà prevaricante del padre, mentre per la protagonista è forse un modo per allontanarsi dalle proprie radici, anche quelle familiari.

I genitori di Katarína invece sembrano impersonare il rapporto pre rivoluzione di velluto, il voler stare assieme a tutti i costi, pur in un panorama che vede le diversità ben maggiori dei punti in comune. Il matrimonio tra Katarína e Eugen ha quasi la stessa matrice. Se fosse stato officiato venti anni prima probabilmente in esso non ci sarebbe stata la forza del cambiamento e allora, viene da dire, ben venga quella forza quando ti permette di rimettere a posto qualcosa che è nato in maniera forzata, vuoi per troppa foga, vuoi per la speranza che attaccandosi a un’altra entità, si potesse arrivare anche all’equilibrio e alla pace.

E poi ci sono alcune figure “ribelli”. La sorella di Katarína che a un certo punto, in aperto contrasto con la madre, decide di andarse di casa diventanto l’impersonificazione della pecora nera. L’altra figura è quella dell’amica Viera che studiando italiano a un certo punto decide di trasferirsi in Italia per seguire l’impeto del cuore. Viera permette all’autrice di introdurre un discorso molto complesso sull’integrazione e sulla mancanza di fiducia che spesso gli immigrati devono subire.

Vorrei lasciare qui alcune impressioni che la lettura di “Divorzio di velluto” mi ha lasciato. Del libro di Jana Karšaiová ho apprezzato tutto. Mi è piaciuta la voce, mi è piaciuto il ritmo della narrazione, la trama e le svolte narrative. Dal punto di vista dell’equilibrio mi è sembrato un libro capace di toccare contemporanemente pancia e testa. Resterà sicuramente una delle letture migliori del 2022.

Aggiungo una considerazione del tutto personale. In questo momento non è ancora uscita la dozzina del Premio Strega 2022 e quindi nel dire ciò che sto per dire potrei lasciarmi trasportare un po’ troppo dall’entusiamo, ma io sono convinto che “Divorzio di velluto” abbia tutte le carte in regola per entrare nella dozzina, nella cinquina e, ebbene sì, anche per vincere lo Strega di quest’anno. Di certo glielo auguro.

Jana Karšaiová (Bratislava 1978) ha iniziato a imparare l’italiano da autodidatta nel 2002. Ha vissuto a Praga, a Ostia, a Verona dove ha lavorato come attrice. Dopo una lunga assenza, ha ripreso a lavorare in campo teatrale conducendo laboratori e iniziato a frequentare corsi di scrittura. Il suo racconto “Sindrome Italia” è stato pubblicato sulla rivista letteraria “Nuovi Argomenti”. Divorzio di velluto è il suo primo romanzo.

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