Titolo | La metà del doppio |
Autore | Fernando Bermúdez |
Editore | Spartaco (2020) |
Traduzione | Giovanni Barone |
Lo ammetto. L’accoppiata di premi vinti da questo libro, il Premio Cortàzar e il Premio Juan Rulfo ha influenzato pesantemente la scelta di leggere “La metà del doppio” di Fernando Bermúdez. Probabilmente lo avrei letto anche se il libro non avesse avuto un titolo visibile o non ci fosse stato il nome dell’autore.
Non me ne sono pentito.
“La metà del doppio” e un libro di racconti…lo so, lo so, alla maggior parte di voi i racconti fanno paura (e in alcuni casi ribrezzo) e potrei andare avanti all’infinito a dirvi che parte vitale della letteratura vi state perdendo. Ma me ne faccio una ragione, voi state dalla vostra parte e io dalla mia (anche se devo dire che dove sto io c’è una bella compagnia).
Sette racconti tecnicamente ineccepibili. Sette racconti che riescono a mescolare la tradizione argentina con la “freddezza” nordica. Bermúdez, come avrete capito è argentino di Buenos Aires e poi è finito a lavorare a Stoccolma dove si occupa di letteratura e dove ha messo in contatto tra loro alcuni autori creando un circolo di letteratura Sudamericana. E se questo non vi ricorda la Parigi degli anni d’oro non so proprio cosa potrebbe ricordarvelo.
I racconti, come dicevo, mostrano la maestria tecnica di Bermúdez che però riesce (e di questo bisogna essergliene grati) a calare all’intero del comparto tecnico una profonda emotività.
Credo che l’esempio chiave lo dia il racconto che apre la raccolta. “Mezzanotte passata” racconta la storia di un uomo costretto a letto, quasi completamente paralizzato. Attraverso la sua immobilità, al racconto che fa rivolto a noi scopriamo quello che potrebbe essere il trauma più grande che abbia mai vissuto e che non ha nulla a che vedere con la sua incapacità di muoversi. È un trauma emotivo causato da una storia d’amore che ha avuto un esito tragico e, per certi versi e secondo il mio parere, abbastanza bizzarro.
Incipit secchi. Due o tre parole e punto, due o tre parole e virgola. Colpi di martello su chiodi che costruiscono la scatola dentro alla quale il racconto prende vita. Ogni racconto diverso dal precedente e comunque in grado di mantenere la voce dello scrittore. Una voce lucida che scava in profondità, emotivamente vicina agli sconfitti, ma in grado di determinare i passi che hanno portato alla sconfitta, una voce che mostra comprensione, ma non compassione.
Chiudo la recensione citando l’ottimo saggio finale a opera di Giovanni Barone, “La scrittura che scrive se stessa mentre si guarda scrivere“. Io vi consiglio di leggerlo solo dopo avere letto i racconti, l’effetto è illuminante.
Fernando Bermúdez è nato a Buenos Aires nel 1962. Vive a Stoccolma dove ha riunito un circolo di autori latinoamericani lì residenti, il Grupo Estocolmo, e vi coordina laboratori di scrittura. È docente di Linguistica moderna all’Università di Uppsala. È membro della Writers Society Sweden.
Ha vinto il Premio Cortázar nel 1994 e il Premio Rulfo nel 1997.