Ogni volta che leggo un nuovo libro di Éric Chevillard mi chiedo come possa, uno scrittore, riuscire a creare un’opera partendo da una domanda così assurda. Sì perché, per quel che mi riguarda Éric Chevillard è il maestro dell’assurdo.
Nelle scuole di scrittura creativa insegnano spesso che la scrittura di un romanzo è il tentativo di dare una risposta a una domanda. Si badi bene, un tentativo, non una certezza. Però se la domanda è una domanda talmente assurda da essere elettrizzante allora ciò che nasce dal tentativo di trovare una risposta è un romanzo di Éric Chevillard.
Il quesito narrativo in questo romanzo intitolato “Dino Egger” se lo pone Albert Moindre (nome che probabilmente vi suonerà familiare se siete lettori affezionati di Chevillard e se, di conseguenza, avete letto “Santo Cielo“). Moindre si chiede: cosa sarebbe successo nel mondo se Dino Egger fosse esistito? Il libro ruota attorno a questa fantastica domanda. Spesso ci diciamo che il mondo sarebbe stato un posto migliore o peggiore se questa o quell’altra persona non fosse esistita. Chevillard ribalta la questione, fa dire a Moindre che il mondo, dalla non esistenza di Dino Egger, ha perso delle enormi occasioni di miglioramento. Qua e là, nel testo, compare un elenco di imprese (126 per l’esattezza) che Dino Egger, talento multiforme, avrebbe donato al mondo: L’incontestabile paternità delle opere attribuite nel dubbio a William Shakespeare, il filo per ricucire il burro, molti altri quadri di Leonardo Da Vinci, la funicolare stellare, l’epilettricità e così via. Invenzioni, intuizioni, scoperte uscite dal suo formidabile ingegno, dal suo cervello impeccabile. Viene da dire: Oh Dino Egger, perché ci hai abbandonati in questa valle di lacrime? Tu sei la luce che non abbiamo potuto vedere.
Peccato però che Dino Egger non sia mai esistito, anche se Moindre cerca in tutti i modi di trovare delle tracce di questa non esistenza, fino al non concepimento; anche se Moindre ci spiattella davanti una vita che a tratti sembra reale e sovrapponibile a quella del narratore stesso. Finché viene un dubbio. Non sarà che il problema non sta davvero nella mancata esistenza del buon Dino Egger? Non sarà per caso invece l’esistenza di Moindre ad aver sparigliato le carte? Ad aver messo i bastoni tra le ruote di Dino Egger.
Come spesso accade nei romanzi di Éric Chevillard la verità viene svelata a poco a poco, viene cambiata in itinere e viene stravolta. Deve essere per questo motivo che l’esperienza di lettura, quando si tratta di Chevillard, è sempre appagante. Pare di fare un viaggio lungo chilometri stando sulle montagne russe. Un turbinio filosofico.
Per quel che mi riguarda “Dino Egger” è un inno al fare, al non lasciarsi sfuggire le cose di mano. Bastava davvero poco perché la nostra massa di carne e ossa non si materializzasse, eppure siamo qui, abbiamo delle possibilità, quelle che Dino Egger non ha avuto. Forse non saremo altrettanto innovatori, non avremo un cervello dai molteplici talenti, non avremo una visione sulle cose lucida, ma anche imprevedibile, ma in ogni caso, mi sembra che si possa tentare di dare il nostro contributo. Secondo me Dino Egger, se fosse stato concepito, la penserebbe così.
Traduzione di Gianmaria Finardi.
Éric Chevillard è nato nel 1964 a La Roche-sur-Yon e, come recita non senza ironia il suo sito, “ieri il suo biografo è morto di noia”. Si tratta indubbiamente di uno dei massimi scrittori francesi contemporanei, che ha saputo suscitare il vivo interesse di critica e pubblico, anche all’estero. Ideatore del fortunatissimo blog letterario, L’Autofictif, ha nel corso degli anni ottenuto diversi e prestigiosi premi, come il PRIX FÉNÉON, Il PRIX WEPLER, il PRIX ROGER-CAILLOIS, il PRIX VIRILO e il PRIX VIALATTE per l’insieme della sua opera. Molti dei suoi capolavori sono tradotti, in inglese, spagnolo, tedesco, russo, croato, romeno, svedese e cinese. Nel 2013, la traduzione di un suo romanzo, Préhistoire (1994; Prehistoric Times), si è aggiudicata il Best Translated Book Award – premio statunitense assegnato dalla rivista “Open Letters” e dall’università di Rochester. Ha scritto oltre venti opere – volendo menzionare solo i romanzi – pubblicate dalla leggendaria casa editrice francese Les Éditions de Minuit, diventata grande con Samuel Beckett e il Nouveau Roman. Sul riccio è il primo testo in assoluto pubblicato da Prehistorica Editore, ed è a oggi il terzo romanzo dell’autore edito in Italia: tutti sono stati tradotti da Gianmaria Finardi.