Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. Diario di uno che prova a scrivere un libro. 1

Diario di uno che prova a scrivere un libro. 1

by senzaudio

Caro Richard,
alla fine, dopo tante tribolazioni, tante false partenze, mi sono deciso. Ho aperto un foglio Word e ho iniziato a scrivere una storia. Non ti so spiegare di preciso perché ho iniziato adesso e non, un anno fa, oppure perché non ho iniziato tra sei mesi. Non so, so che lo scorso anno è iniziato con la nascita di mio figlio e improvvisamente mi sono reso conto che il tempo vola, che non va perso.
Allora mi sono buttato.
Certo, non che mi sia passata la paura del rifiuto, la paura dell’incompleto, la tremenda sensazione che provo ad ogni riga di stare per commettere un crimine letterario, ma me le sto lasciando un po’ alle spalle. Sono sempre lì presenti, ma un po’ meno feroci. Tutto sta ad uscire di casa, entrare in una libreria e rendersi conto che molte delle cose che stiamo pubblicando e, ahimè, leggendo non valgono nulla. Anzi, valgono meno di nulla se comparate a “Revolutionary Road” o agli altri tuoi lavori.
Dicevo, ho iniziato a scrivere. All’inizio con enorme lentezza, mi conosci, poi, poco alla volta, le parole sono diventate più veloci, meno insicure, a volte ho pure l’impressione, che però dura pochi istanti, di aver trovato la parola giusta da mettere nel posto giusto. Il tuo amico Flaubert l’avrebbe definita “La mot juste”.
Dalle parole sono passato alle frasi, dalle frasi ai periodi lunghi e complessi, da questi ai paragrafi e poi sono arrivati i capitoli. In breve, mi sono guardato indietro e ho visto che c’era un inizio. La cosa più ardua da ottenere da me. Ho scritto qualcosa che ha un inizio e non è solo un abbozzo. Non so se riesci a capire l’importanza di questa mia ultima affermazione. All’improvviso ho smesso di pensare e ho iniziato semplicemente a scrivere. Perché, in fin dei conti, anche se scrivo un orrido pezzo di letteratura scadente, il peggiore dei suoi destini sarà quello di essere dimenticato o mai conosciuto. Per quanto uno ci si metta d’impegno non riuscirà mai a scalfire l’enorme opera di ingegno che è la storia della letteratura. Quella buona eh, mica ci dobbiamo mettere tutti.
Quindi, caro Richard, credo di poter dire che oggi sono riuscito a vincere il senso di inferiorità che mi hai provocato. Non penso di essere più succube della tua bravura, credo di essermi svincolato dall’influenza dei tuoi scritti e di quelli che come te formano l’eccellenza letteraria. E, in fin dei conti, la trovo pure una cosa giusta. E’ giusto che uno, uno qualsiasi come me, abbia la possibilità di realizzare un sogno. Quello di sedersi al vostro stesso tavolo, anche solo per scambiare quattro chiacchiere e poi tornarsene da dove è venuto.
Eccomi partito, dunque. La domanda che ti stai ponendo tu e che ti assicuro mi sto facendo anche io è solo una: riuscirà ad arrivare alla fine?
Temo di non avere una risposta precisa a questa domanda che pende sopra le nostre teste. Temo che ogni affermazione di potenza potrebbe risultare falsa e fragile. Quindi, caro Richard, mi limiterò a dirti questo: vedremo, caro amico, vedremo.

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