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Di tariffe, mailing list e traduzione automatica – Intervista a Simon Turner

by senzaudio

Inauguriamo oggi  la rubrica “From Italy with love”, dedicata ai traduttori stranieri che lavorano con l’italiano come lingua di partenza. E lo facciamo con un’intervista un po’ particolare, a un collega che, pur essendo inglese, conosce il mercato italiano meglio di noi: Simon Turner, alias l’inventore del mitico Tariffometro.

 Ciao Simon, grazie di aver accettato di concedere un’intervista. Innanzitutto, ti vorrei chiedere di presentarti brevemente.

Ecco, sono un traduttore fai-da-te ma ho fatto la mia prima traduzione pagata oltre 35 anni fa e traduco a tempo pieno da oltre 20 anni. Ho molto ancora da imparare, traduco libri d’arte in inglese ed è un lavoro che mi piace, mi permette di vivere dove voglio (al mare) e di essere indipendente.

Sul tuo sito ti presenti come un traduttore di libri d’arte, ma anche di altri settori che non rientrano nell’editoriale. In Italia c’è una divisione abbastanza rigida tra traduttori editoriali e tecnici, o almeno questa è l’impressione. Tu cosa ne pensi al riguardo?

Sì, la distinzione c’è e la vedo bene quando faccio le revisioni: ci sono naturalmente delle notevoli eccezioni ma tendo a trovare che la traduzione da revisionare è o “bella è infedele” o “fedele ma proprio brutta”. I traduttori “tecnici” che riescono a scrivere dei bei testi sono pochi ed è per questo che sono ricercati nella parte alta del mercato. Ho l’impressione che Google Translate stia peggiorando le cose – e questo è un bene, perché vuol dire che chi sa scrivere nella propria lingua e sa anche tradurre il tecnico vale sempre di più. L’esercito di persone che cercano di mettere le toppe a Google Translate produrrà sempre di più ma guadagnerà sempre di meno.

Da “padre spirituale” di Langit, vorrei chiederti di parlare della tua esperienza con questa e altre mailing list per traduttori: qual è il bilancio ad anni di distanza?

Langit è nata nel 1991 con altri scopi e nel 1994, credo, è diventata un forum per traduttori italofoni usciti da Lantra. Io sono arrivato solo dopo e quindi non sono in realtà padre di niente, anche se qualcosa ho fatto (la lista è sempre della Ca’ Foscari ed è ora gestita da Cinzia Pieri) ma, premesso questo, va ricordato che è nata in un’epoca con poco Internet e persino senza posta elettronica. Tranne che per gli associati dell’AITI, i traduttori non si conoscevano fra di loro e avevano poche opportunità di interazione. Langit ha reso possibile uno scambio senza precedenti, aprendo gli occhi un po’ a tutti su ogni aspetto della nostra professione. Per molti di noi è stata l’unica fonte di informazioni su programmi, risorse, tariffe e tanto altro, e anche l’unico modo di incontrarci di persona e parlare del nostro lavoro. Però, l’ultimo grande raduno Langit è stato nel 2003, se non mi ricordo male – dopo, non servivano più, perché tutti erano in contatto con tutti. Da indispensabili, le liste sono diventate solo potenzialmente utili.

Una piccola provocazione: hanno ancora senso queste mailing list nell’era di Facebook?

Sì e no. Langit ha figliato Biblit, it-en e altre liste che hanno permesso una più grande specializzazione ma con un numero sempre minore di partecipanti in ogni forum. Facebook ha spezzato ancora di più questi legami e ora, se fai una domanda in lista o su Facebook, ti leggeranno cento persone, forse, laddove prima sarebbero state migliaia. Le risposte erano molto più varie, più dibattute e generalmente più illuminanti, ma è anche vero che Internet è molto più vasto e ricco di una volta e c’è meno bisogno dei forum per rispondere ai propri quesiti.

Non possiamo non parlare del Tariffometro, che ancora oggi è un punto di riferimento importante per tanti giovani traduttori. Ti andrebbe di raccontare com’è nato il progetto?

Prima di Langit, e prima ancora di Internet, ho chiesto a tre colleghi a Torino quanto potevo chiedere per il mio primo lavoro editoriale ma ho ricevuto solo risposte evasive del tipo “chiedi la tariffa AITI” (intorno a ventiseimila lire, se mi ricordo bene), anche se era chiaro a me e a loro che non avrei ricevuto tanto. Nessuno ha voluto suggerire una cifra reale e così ho accettato quanto offerto: seimila lire a cartella. Qualche mese dopo stavo già lavorando a diciottomila lire, che era comunque poco, ma non ho mai smesso di pensare alla miopia di chi non aveva voluto aiutarmi e che aveva contribuito a rovinare non solo il mio ma anche il loro mercato.

La mia vendetta, nel 1999, è stato il Tariffometro e la reazione più tipica da parte di queste persone è stata: “ho impiegato vent’anni a capire il mercato e tu vai a dare queste informazioni a cani i porci servendole su un piatto d’argento?” La reazione di cani e porci, invece, era del tipo: “Non sapevo assolutamente che si potesse chiedere tanto” e, anni dopo, “Ma sai che da quando hai pubblicato il tariffometro sono riuscito a raddoppiare le mie tariffe?” – non è successo spesso ma è successo. Fra i beneficiari dell’aumento da parte dei colleghi c’ero anch’io, in quanto molti colleghi bravi hanno smesso di chiedere tariffe da fame e quindi di farmi, inavvertitamente, una concorrenza sleale. Certo, mi è costato tanto tempo e anche alcune centinaia di euro ma l’ho visto come un servizio paragonabile a quello di chi lavora su base volontaria per le associazioni.

Ottenere i dati non è mai stato facile, soprattutto dai traduttori, ma le agenzie sono state abbastanza loquaci: quando ho aumentato di due-tremila lire le mie tariffe, ho perso la metà delle agenzie con cui lavoravo, ma ho trovato anche che sono spesso disposte a parlare di tariffe quando si rendono conto che intanto non lavorerò per loro. Negli ultimi anni ho visto la parte bassa del mercato crollare ancora di più e la parte alta rimanere pressoché invariata – quindi non in linea con l’inflazione, ma la tecnologia e la rete hanno aumentato tantissimo la nostra resa oraria.

 

 

 

 

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14 comments

Isabella Massardo 28 Ottobre 2015 - 10:52

Ancora una volta, si menziona la traduzione automatica senza aver approfondito l’argomento.

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