In mezzo a tanto clamore, con i media che propongono, triturano, rottamano e riciclano l’informazione, ho pensato a cinque cose da non dimenticare che sono accadute quest’anno.
In ordine sparso:
1- Il Dalai Lama è un ricercato. Se rientrasse in Tibet, il governo cinese lo arresterebbe immediatamente. E’ morto Mandela, e il mondo politico ha pianto (qualcuno ha fatto finta di piangere), perchè ai funerali si piange sempre. E’ stata liberata Aung San Suu Kyi, e il mondo politico ha sorriso (quasi tutti han fatto finta di sorridere), perchè finalmente è scomparso l’imbarazzo di fare accordi commerciali con un paese anti-democratico (ma gli accordi ci sono sempre stati e sempre ci saranno, e ben sappiamo a quali condizioni). Il Dalai Lama non è nè morto nè è libero di tornare nel suo paese ma il mondo politico sta in silenzio: nessuno osa contraddire la Cina. Chi ci governa aspetta solo di partecipare a un funerale per togliersi l’imbarazzo di dover ricordare alla Cina che sì, il “business” non può prescindere dai diritti umani, perchè se prima si chiamava apartheid, oggi si chiama schiavitù e piangere o sorridere poco cambia, se non facciamo nulla per combatterla.
Non dimentichiamo chi oggi è oppresso in nome del potere economico.
2 – Fabrizio Corona è in galera. Non sorridete. Il personaggio è “un personaggio” e questo non si discute (se capite cosa intendo). Però in mezzo a tanto parlare, sono sicuro che vi ricorderete di chi è stato scarcerato perchè amico di un ministro, di chi riceve permessi premio nonostante efferati delitti (e magari ne approfitta pure per evadere), di chi in carcere ci muore, per malattie o perchè “scivola dalle scale” e di chi in galera dovrebbe esserci magari da un pezzo ma che continua a fare il bello e il cattivo tempo, lamentandosi pure di essere perseguitato. Se avete capito cosa intendo, avete capisco perchè mi sono ricordato del “personaggio” Corona (il Corona uomo non mi permetto di toccarlo): è l’emblema di un sistema basato sull’effimero (il gossip) a scapito della sostanza (l’informazione) e, per me, può essere la giusta metafora di una giustizia effimera, basata sul sensazionalismo, gli errori e su quelli che in galera ci stanno solo perchè sono poveri cristi.
Non dimentichiamo che cosa è oggi la giustizia italiana.
3- E’ morto Carlo Siboldi. E’ mio nonno, ma ovviamente non è per questo che voi non dovreste dimenticarvelo. Non dovreste dimenticarvelo per due motivi: primo perchè tutti avete avuto dei nonni e di loro non ci si dovrebbe dimenticare mai. Il secondo, che è il motivo per cui lo scrivo qui, è che con buona probabilità almeno uno dei vostri nonni è stato un emigrato, come il mio. A volte non si ha la fortuna di conoscere le storie, quasi sempre non è difficile immaginare le fatiche e i sacrifici, oltre alla fame e alla paura. Avrei potuto, per parlare di quelli che arrivano, annegano, scappano e piangono, citare i barconi, i centri di accoglienza, gli orfani… Ho preferito ricordare lui, un nonno, perchè gli volevo bene, e penso che mi sia servito molto ricordarmi di quando era lui, insieme alla sua famiglia, ad essere chiamato “sporcapaese” o “terrone del nord” da quelli che allora erano i “signori”. Da quelli che oggi rischiamo di essere noi. Mi è servito molto per capire chi sono loro, i migranti e i “signori”, e chi sono io, da che parte devo stare.
Non dimentichiamo quando i disperati erano quelli che amiamo e ci hanno amato.
4 – Marte Deborah Dalelv è stata graziata. Non sapete chi è? Per questo ve lo sto dicendo: perchè dopo che ve l’ho detto, cerchiate di non dimenticarlo. Marte è una ragazza norvegese che lavorava a Dubai fino a questa primavera. Poi è stata stuprata. Quando ha denunciato lo stupro, è stata arrestata e una corte l’ha riconosciuta colpevole di rapporti sessuali fuori dal matrimonio, falsa testimonianza e consumo di alcol senza permesso. A Dubai funziona così: Il codice penale prevede che per dimostrare uno stupro siano necessari o una piena confessione dell’imputato oppure la deposizione di almeno quattro testimoni maschi presenti ai fatti. E’ strano, vero?
Non dimentichiamo dove accade tutto questo. Anche se sono pieni di soldi.
5- Marco Cacciatore si è suicidato a 26 anni. Era disoccupato. Come lui, in Italia, perdono la vita due persone al giorno. L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro, non sul precariato. Non sulla disoccupazione. Non sugli stage non retribuiti. Così dovrebbe essere, perchè così ha voluto chi per essa ha lottato e sputato sangue. Il mondo va veloce, insieme all’economia, alle nuove mode, alle sue illusioni, mentre i diritti troppo spesso diventano privilegi e i doveri semplici fastidi da schivare. Si parla di cambiare, di riformare, di innovare: forse sarebbe il caso invece di tornare a ricordare cosa significa la parola “lavoro”. Bisogna ripartire dai nostri principi, dai nostri diritti, dai nostri doveri. Ed esigere che essi siano rispettati, non “riformati”, perchè la dignità non può mai essere “flessibile”.
Non dimentichiamo perchè qualcuno un tempo ha lottato.
Cinque cose da non dimenticare.