Da bambina adoravo le espressioni di senso figurato, mi piaceva il modo in cui queste intrecciavano cose lontane e diverse, guidandomi da un luogo ad un altro, da una corrispondenza conosciuta ad un’altra meno nota.
Al primo attaccarsi al tram mi pareva di sentire distintamente le ruote trascinarsi sibilanti sui binari, e così le ali ai piedi avevano per me una fattura riconoscibile, erano per l’esattezza, soffici e bianchissime; mi nutrivo di un parlare per immagini, di un discorso che prima di tutto passa per gli occhi.
La chiave di volta, tra le corrispondenze a me meno note, la figuravo pesante e luccicante, l’unica in grado di aprire l’entrata principale. Sebbene – metaforicamente parlando -la funzione rimanga la stessa, più tardi scoprii che in realtà si tratta di una pietra lavorata per adempiere a funzioni strutturali.
Sono certa che Heather Evans Smith sappia benissimo che una chiave di volta non è pesante nè luccicante ma saprà anche che un petto di donna non è composto dal meccanismo di un orologio eppure, a quanto pare, è così che lo rappresenta in un bronzeo e polveroso discorso per immagini.
Heather Evans Smith photography