E’ innegabile: dal 2000 in poi il mondo è cambiato. Si è visto apportare delle modifiche che forse nessuno può spiegare. Nuova generazione con l’abbigliamento trasandato, social network dilaganti, cibi che una volta non venivano minimamente avvicinati alla cucina italiana. Potrei continuare per ore, ma intendo fermarmi qui, anzi no. Meglio soffermarmi su elementi che si improvvisano scrittori di romanzi, senza però emozionare il lettore. Già, chi scrive poesie, racconti, libri, deve sprigionare le proprie sensazioni in modo da farle captare a chi sta dell’altra parte della pagina. Niente di tutto questo, però, vuoi per una sorta di “protagonismo” che ha la meglio sul significato del racconto stesso. Nella maggior parte delle opere, si denota un certo distaccamento tra chi scrive e chi legge, con conseguente disinteresse verso il libro stesso. Rispetto al passato, dove l’Italia metteva al primo posto la lettura, si è andati incontro a una specie di peggioramento dilagante, che ha contagiato anche i più giovani. Le cause sono varie: la nascita di programmi televisivi inutili, quali reality show, dove tutto sembra dovuto, più facile. Poi anche gli ormai famosi Facebook, Twitter e altri, che distolgono l’attenzione di un ragazzo nel dedicarsi a una lettura di un buon libro, impegnato a spulciare nella vita del concorrente di turno. Queste sono solo la punta di un iceberg che andrebbe studiato fino in fondo, ma che invece raffigura il periodo che la società del nostro Paese sta attraversando. La maggior parte di chi scrive i libri (non tutta la categoria degli scrittori, lo sottolineo), ormai ha perso quella voglia di entusiasmarsi, appassionarsi, impressionare il pubblico. Se si è registrato un calo del quasi 4% di oratori, qualche motivo ci sarà…
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Forbici – Stéphane Michaka
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