Immagino che una delle frustrazioni peggiori per una persona che ha deciso di esprimersi attraverso la scrittura sia quella di non raggiungere l’obiettivo che si era prefisso. Magari vuoi, parlando d’amore, che le persone che ti leggono riescano a sentirlo quell’amore. Parli di morte e vorresti che la morte aleggiasse sulle teste di chi ha il tuo libro in mano. Nel mio piccolo, la più grande frustrazione potrebbe essere quella di parlare di un libro che ho trovato meraviglioso e non riuscire a trasmettere le sensazioni che ho provato io. Il fatto è che, a volte, ci vorrebbero delle parole altrettanto belle, un periodare altrettanto maestoso di quello che fa capolino nel libro. Credo che sia un rischio che vale la pena di correre, almeno per “Canto della pianura” di Kent Haruf.

Il punto principale di tutta la questione è che questo libro è un capolavoro. Non starò qui a scrivere ogni due righe che la mia è un’opionione personale e che, in quanto personale, vale come la vostra. Diamolo per assodato, ok? Per me questo è un capolavoro e a meno che non arrivi un fulmine a ciel sereno nelle poco più di tre settimane che mancano alla fine di quest anno posso dire che “Canto della pianura” è il libro migliore che ho letto nel 2015. Per l’intensità delle storie raccontate, per l’abilità di Haruf nel tratteggiare la crescita emotiva di ognuno di loro (i due ragazzini che alla fine del libro aspettano che passi il treno con la sigaretta in bocca sono qualcosa di meraviglioso) e per quella sensazione di tepore che sale da queste pagine. Come se fossi tornato a casa dopo una tormenta di neve e avessi trovato un casa calda e accogliente e un piatto di zuppa fumante sul tavolo.
La storia, come per “Benedizione” (di cui il “canto” è il secondo volume di una trilogia che vedrà la sua conclusione italiana a maggio del 2016) è ambientata ad Holt, una cittadina rurale circondanta dalla campagna e costellata di fattorie una a miglia di distanza dall’altra. Facciamo la conoscenza di Guthrie, padre di famiglia, marito di una moglie in crisi depressiva ed insegnante. Ike e Bobby, i figli dalla coppia. Victoria Roubideux che si appresta a diventare ragazza madre in giovanissima età e che dimostra una determinazione che non è da tutti. I vecchi fratelli McPheson che la accolgono in casa pur non avendo mai condiviso nulla con nessuno. Maggie Jones che sembra fare da collante tra tutte queste persone e che pare non essere mai stata sconfitta dalla vita (citazione di Guthrie).
“Canto della pianura” è un inno alla vita tanto quando “Benedizione” avvicinava il lettore alla morte. Questo è un libro costituito da 300 pagine perfette. Vi troverete a piangere per i protagonisti, a sperare che non gli succeda nulla, a volerne prendere un paio a calci sul sedere. Parteggerete per loro cercando si sospingerli verso una conclusione positiva e le ultime pagine vi regaleranno una sensazione di sollievo che difficilmente si prova al giorno d’oggi. Perché per quanta merda ci sia nel mondo, sembra esserci sempre una luce da qualche parte e Kent Haruf quella luce l’ha scritta.

Ma aldilà delle questioni puramente emotive che scaturiscono dalla lettura e che dipendono in gran parte dal grado di empatica che un essere umano è in grado di provare per gli altri, Haruf è uno scrittore di prima categoria. Il suo scrivere non inganna, non produce effetti speciali per stordire il lettore. Ha la capacità di fare in modo di tirare fuori gli stati d’animo dei personaggi da noi stessi, evitando di metterli nero su bianco. Solo con alcune svelte pennellate sulla tela che poi la nostra fantasia riuscirà a tradurre in un dipinto compiuto. Ho ammirato ogni singola parola scritta da Haruf. Non mi è stato possibile fare altrimenti e ora, purtroppo, sento un senso di vuoto dentro di me. Come quando devi dire addio a qualcuno con cui hai passato tempi felici e che sai che non ritroverai mai più nello stesso modo.

Qualche giorno fa ho visto una lista di libri consigliata da Stephen King alla fine del suo “On writing” (a proposito, è appena uscita una ristampa di questo volume con una nuova traduzione che credo voi non vogliate farvi scappare). Uno dei libri citati da King era questo. Mi sono chiesto come mai King lo avesse inserito nella sua personalissima lista di letture e mi sono anche chiesto se questo inserimento, in qualche modo non fosse una sorta di ammissione di affinità. Dopo aver letto il libro ho capito il punto di contatto più evidente. Il male. La cattiveria. Quel male ignorante che colpisce a testa bassa. Imprevedibile e senza motivi apparenti. Che aleggia senza forma ed è pronto a sferrare il suo micidiale pugno. Il male, in questo libro, ha le sembianze del compagno di classe di Victoria, Randall.

I miei più sinceri complimenti alle persone dietro a NNeditore. Se nella vita avessi fatto anche solo questo, se avessi riportato alla luce “Canto della pianura”, pubblicato “Benedizione”e in uscita altri due libri di Kent Haruf avresti comunque la mia stima. E la mia benedizione.

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NNEDITORE | Rassegna Stampa on line di Kent Haruf – Canto della pianura 11 Dicembre 2015 - 16:54

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Listone natalizio | Senzaudio 16 Dicembre 2015 - 11:30

[…] con quello che reputo essere il miglior libro letto nel 2015. Si tratta di “Canto della pianura” del compianto Kent Haruf. Vi basti sapere che se Haruf non avesse lasciato questa valle di […]

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