Io ormai lo so come funziona. Se un libro mi costringe a mettere del tempo tra il punto finale e l’inizio della mia pseudo recensione significa che è un libro che con me ha fatto centro. Da quando scrivo su questa pagine mi è capitato raramente. Ci sono libri che mi sono piaciuti e altri che mi sono entrati dentro. Quel gruppetto ristretto di libri li consiglierei anche al diavolo in persona, sempre che sia uno che legge.

Da poco è entrato a far parte della ristretta cerchia dei libri “che mi hanno ucciso” “La cesura” di Andrea Dei Castaldi.
Andiamo per ordine. Leonardo Cacciavento ritorna nel paese da cui è “fuggito” qualche decina di anni prima. Alle spalle ha la perdita del lavoro per colpa della crisi. Solo che lui la crisi ha contribuito a crearla lavorando in una di quelle entità senza confini che abbiamo imparato a considerare il nemico. Ha alle spalle anche una relazione sentimentale che pare avere le radici su un terreno marcio e che quindi rischia di essere spazzata  via da un momento all’altro. La madre ha avuto un incidente e ha perso i ricordi di una vita, non sa più chi è il figlio, non conosce più i particolari del passato, compreso il matrimonio con un uomo che è morto in circostanze misteriose trent’anni prima. Leonardo deve risolvere un mistero. E’ arrivato il momento di spostare le ossa del padre e scopre che i resti di Ernesto Cacciavento vivono l’eternità assieme a quelli di Andrea Balla. Perché? Starà a Leonardo scoprire cosa si cela dietro questa accoppiata di anime e nel percorrere la strada che lo porterà alla verità incontrerà anche Arezu, una ragazza guerriero, due occhi profondi che semineranno in lui il seme della rinascita.

Perché ho amato questo libro? Diciamo che per quel che mi riguarda non c’è nulla di questo libro che non mi sembri meno che perfetto. Ho amato lo stile di Andrea Dei Castaldi fin dalla prima gira. Non so se avete presente quando vi capita di iniziare un libro e vorreste che il mondo si fermasse per un paio d’ore per darvi la possibilità di leggerlo tutto d’un fiato. Ecco, per me “La cesura” ha questi effetti. La necessità quasi fisiologica di arrivare fino alla fine sapendo, purtroppo, che una volta arrivati a quella meravigliosa fine poi non ci sarebbe stato modo di cancellare tutto. Tornare indietro e rileggerlo come fosse la prima volta. A meno che uno non condivida lo stesso destino della madre Alma, cosa che però non mi sento di augurare a nessuno. Lo stile è prezioso, mai sopra le righe, in perfetto equilibrio. I dialoghi spiccano per la loro efficacia, per la naturalezza, anche quando trattano argomenti difficili come la morte e il tradimenti (che in fin dei conti a volte sono due facce della stessa medaglia). Tutto ha un magnifico senso, una giustezza preziosa. “La cesura” è quella costruzione armoniosa che tutti gli architetti vorrebbero progettare, quell’opera che, da dovunque la si guardi, non mostra increspature.

Sono felice di aver letto questo libro, perché, oltre ad aver affrontato una lettura che conserverò con me, ha anche avuto l’effetto di ricaricare le mie batterie. La ricerca di Leonardo, quel suo vagare tra i vecchi amici che di lui non sanno più nulla, quel suo scantonare tra le donne alla ricerca di un punto solido da cui ripartire hanno inculcato una fame di ricerca anche in me: quella di trovare il prossimo “libro che mi ha ucciso”.

Voi non mi potete vedere, ma in questo momento sto applaudendo Barta edizioni per avere in catalogo questo libro. Ci sono editori che vagano tra le lettere senza poter mai fregiarsi di qualcosa di simile. Altri hanno una stella che li protegge.

Andrea Dei Castaldi vive nel borgo trevigiano di Asolo. Ha pubblicato il racconto Pelle, apparso nel volume Solo a cura di Raffaella Tancredi (Felici, Pisa 2011), e il suo primo romanzo, Finistère, ha inaugurato questa collana per Barta nel 2013.
«Mia madre aveva un negozio di fiori, e da ragazzo le davo una mano portando i mazzi di crisantemi e le piante di erica nel cimitero del paese. Spesso in quelle occasioni mi dilungavo a passeggiare tra le tombe e i loculi, affascinato soprattutto dalle fotografie sbiadite sulle lapidi più vecchie, e dalle storie che mi sussurravano all’orecchio. Credo che La cesura mi abbia trovato allora, quando stavo cominciando a capire quanto bene mi facesse togliere le briglie all’immaginazione, e a scoprire che a volte è sufficiente un volto, un nome, un dettaglio in apparenza trascurabile, per cogliere la miracolosa unicità di ogni vita. Qualcosa che vale sempre la pena raccontare».

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