Home Inchiostro - Recensioni di libri indipendenti e non. Adrian Mutu. La minima discrezione nel rompere lo schema. Parte prima di tre.

Adrian Mutu. La minima discrezione nel rompere lo schema. Parte prima di tre.

by senzaudio

di Giacomo Scutiero (@SCUtweet)

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IL LAUREATO

La biografia è roba per chi può averne, per chi ha una vita con un capo e una coda. Alcuni personaggi non possono godere di questo privilegio, ammesso che sia tale. Quando si è in divenire, il meglio (o peggio) devi ancora vederlo; pensare che una biografia oggigiorno la titolano pressapoco così, fa riflettere.

Noi ci fidiamo di Mutu, quando dice che dopo aver smesso col calcio giocato proverà a fare l’allenatore. Come bisognava fidarsi quando giovanissimo promise la seconda laurea (in Scienze Motorie) da affiancare alla prima in Giurisprudenza. Se non si distrae oppure dimentica, mantiene sempre.

Se impara certe buone abitudini, il merito è tutto di papà Spiridon, nome da santo greco, e mamma Rodica: i genitori non si intrufolano nella vita di Adrian e danno seguito alle parole che dicono. Nel 2009 la permanenza di Mutu a Firenze era appesa a un filo, ma i coniugi giurarono: “Resta alla Fiorentina”. Infatti.

Spiridon è un fisico matematico e per tanti anni ha lavorato come dirigente in Renault Dacia. Adrian si pente, forse addirittura si vergogna, di non aver studiato altrettanto. A Bucarest, però, studia si laurea in tempi brevi: “Mi serve per capire bene un contratto prima di firmarlo”; i maligni, col senno di poi, diranno che la Giurisprudenza gli è stata utile per difendersi dai processi in cui si è cacciato. A proposito di mamma Rodica, lei vorrebbe un figlio portiere, ma a Mutu piacciono Hagi, Platini, Batistuta e Del Piero…

RONALDO E VIERI

Nasce ad Arges, ha l’incubo Transilvania a Nord e il sogno Danubio a Sud. In Romania chi gioca a calcio? Il bambino che non fa i compiti di scuola, il dopolavorista, Mutu e pochi altri. Adrian è bravo e resta poco a casa: l’estero si accorge di lui, che non ama aspettare per fare quello che ha voglia di fare.

Quando sbarca a Milano ha venti anni e si presenta così: “Mi manda Lucescu”. Mircea lo ha educato, in campo s’intende. In quindici anni il calcio italiano ha subito molte mutazioni, ma il concetto ignobile che a quell’età sei troppo giovane per giocare titolare in serie A è rimasto tale e quale.

Nella prima conferenza somiglia a un ex Inter (e Ajax, Juve, Inter, Barcellona): “L’Inter è un sogno che si avvera”. Non si ripete, però, passando a Verona e via dicendo. Una delle, forse l’unica, banalità di Mutu in Italia. Gli credono i tifosi, impazienti, che vengono ripagati subito in Coppa Italia, nel derby col Milan.

Nello spogliatoio chiacchiera con Ronaldo, Baggio, Vieri… Pensa di non avere spazio e vuole andar via subito; l’allenatore Lippi lo prende per l’orecchio e gli promette chance. Nelle ultime 14 partite ne gioca 6 dall’inizio, con tanta fatica e molta emozione. Poi parla con l’allenatore con superbia: “Voglio andare a Verona”.

MARITO E PADRE

Va di corsa, Adrian. Venti anni, una squadra importante, un gol precoce. Poi il primo matrimonio, il primo figlio due anni dopo e il divorzio a ventitre. Alexandra Dinu è la bionda che fa perdere la testa a chi la testa la perde spesso, da sé. Mutu non è il marito da prendere come esempio: fedele a mesi alterni, ritardatario, sobrio un po’ sì e un po’ no… Ma non parlategli dei figli. Loro restano, vivono per sempre, vengono prima di lui e della moglie che è destinata a essere sostituita.

Ci sarebbero anche i soldi, parecchi. Tornato single, Mutu vive tre-quattro anni da giovane bello, ricco e noto: non è una bella scusa per non fare ricerche, semplicemente le donne che Adrian conquista non sono quantificabili. Si diverte senza misura, ma il rendimento in campo non ne risente: sta crescendo, è diventato giocatore e vuole spazio.

MOLLO TUTTO…”

Attraversa una crisi di convinzione dopo un avvio incoraggiante a Verona. Pensa di tornare a casa in Romania: “Non sono forte mentalmente”. La svolta la porta Malesani, che gli dice di giocare come vuole. Lui con Prandelli sono i signori con cui si confessa e che più lo capiscono come persona.

Mutu è il calciatore che vuole sentirsi importante, che vuole l’applauso, che vuole l’abbraccio dell’allenatore e il coro del tifoso. Se così, lui ti fa pure l’inchino. Non può più di quanto fa, 12 gol, ma retrocede in Serie B. Lui e Camoranesi lì se lo ricordano e come.

LE BATTO IO”

Tecnicamente è roba da big, ma si sa che il coraggio a quelle manca. Non al Parma, che lo corteggia come a lui piace per poi affiancargli un bestione anche lui ‘nato’ ad Appiano Gentile, Adriano. È il brasiliano che ‘spacca’ la traversa del Bernabeu in amichevole nel 2001. Insieme fanno spettacolo: quinto posto, Champions League sfiorata e fanno sorridere Calisto Tanzi, all’epoca florido numero uno di una apparentemente florida Parmalat. Mutu mette subito in chiaro le cose: “Le punizioni le tiro io”. Visti i risultati, anche il bestione tace.

Il feeling con Prandelli è uno dei segreti di un anno quasi perfetto, “non solo calcisticamente”. Sono 24 i gol stagionali tra campionato e Uefa. Non solo Adriano, anche il panchinaro che “non giocava mai” Gilardino. Mutu lo ha sempre ammirato: “Ero squalificato, andai nello spogliatoio e gli dissi che era arrivata la sua occasione”. 

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